Nel
cuore di Verona, Teatro della storia, La ruggine di
un odio di cui non si ha memoria, Corrode senza pace
Due nobili casati: Montecchi da una parte, Dall'altra
Capuleti.
Dai due fatali lombi poi sbocciano due fiori, Ragazzi
che alle grida oppongono sospiri. Segnati dalle stelle
andranno fino in fondo Lasciando scritto in Terra "Ama
e cambia il mondo".
Con
queste parole si apre il nuovo musical del produttore
David Zard (“Notre
Dame de Paris”, “Tosca
– Amore Disperato”) “Romeo
e Giulietta - Ama e cambia il mondo”,
ispirato alla tragedia di William Shakespeare, libretto
e musiche originali di Gérard Presgurvic nella
traduzione italiana di Vincenzo Incenzo (autore per
Renato Zero, Lucio Dalla, Antonello Venditti, Ornella
Vanoni e Patty Pravo) per la regia di Giuliano Peparini.
La storia è nota, l'impianto scenico imponente,
il cast multiforme e numeroso tra cantanti/attori
protagonisti e ballerini/acrobati/coro che girano
intorno. Non si è lesinato per uno spettacolo
capace di colpire più gli occhi che il cuore,
con una messa in scena che nulla ha da invidiare ai
precedenti lavori di Zard, ma che rimane emozionalmente
un po' fredda.
I
protagonisti. Molto bravi nel canto tutti nessuno
escluso, a partire da Davide Merlini (Romeo) una vera
rivelazione con la sua sicurezza, voce potente per
intensità ed estensione che non mostra punti
deboli e Giulia Luzi (Giulietta) vocalmente più
timida ma con buona presenza scenica. Promossi con
lode Barbara Cola (Lady Capuleti), Roberta Faccani
(Lady Montecchi) e Silvia Querci (nutrice) a cui si
devono gli assoli ed i duetti di maggior intensità
espressiva, mentre Vittorio Matteucci (il Frollo di
Notre Dame) qui in secondo piano mette la sua esperienza
e voce al servizio dello spettacolo. I giovani Riccardo
Maccaferri (Benvolio), Gianluca Merolli (Tebaldo)
e Luca Giacomelli Ferrarini (Mercuzio) riempiono la
scena con voci forti, persino troppo esplosive vista
l'amplificazione dello spettacolo, maggiormente da
controllare per non farsi prendere dal facile entusiasmo.
Infine Leonardo Di Minno (Il principe), a cui spetta
l'ingrato compito di aprire e chiudere lo spettacolo,
capace con voce energica e imponente presenza fisica
di lasciare un segno inequivocabile nonostante il
poco minutaggio in scena. Tutti molto bravi nel canto
quindi, meno nel recitato che però occupa giusto
il 10% dello spettacolo.
Le
scene. Più Baz Luhrmann che Franco Zeffirelli,
con un tocco di Notre
Dame de Paris. Sormontato da tre monoliti
che aprono e chiudono lo spazio modificandolo grazie
anche a videoproiezioni che ne modificano forme, fattezze
e apparentemente dimensioni, il palcoscenico è
pieno di sorprese che sbucano da ogni dove. I tre
monoliti si muovono, ma sembrano quasi danzare, sul
palcoscenico creando meravigliosi effetti e dando
al contempo ritmo alla narrazione, senza essere per
questo mai invasivi, lasciando che la musica con i
suoi interpreti rimanga al centro dell'attenzione.
La
musica. Gérard Presgurvic con questo primo
musical realizza il sogno di una vita: unire le due
passioni, la commedia e la musica. Ne esce uno spartito
chiaroscurale, che alterna ensemble (sempre molto
riusciti) ad assoli che talvolta mostrano la corda.
Il risultato è uno spettacolo diviso in due:
il primo atto gioioso, colorato, polifonico ed entusiasmante,
con momenti riusciti: da “L'odio” a “I
re del mondo”, da “S'innamora già”
ad “Ama e cambia il mondo”. Il secondo
cupo, gotico, drammatico (per l'evoluzione della storia
verso il tragico epilogo) e che musicalmente presenta
momenti di stanca e monotonia. Il tutto non pregiudica
la riuscita innegabile di uno spettacolo che se da
una parte guarda a “Notre
Dame de Paris” (inarrivabile)
dall'altra mostra come anche nell'italico paese esistano
talenti a cui poter dare un'occasione di sbocciare.
Complimenti al coraggioso Zard che in tempi di difficoltà
economiche non si risparmia.
[fabio
melandri]