Essere
stanchi. Trascinarsi sulla spiaggia. Garrire di gabbiani.
Dormire tanto ma non voler smettere. Non riuscire
a divertirsi neppure in vacanza. Sognare il riposo.
E di ritorno dal mare avere voglia, ancora, di dormire.
Tornare alla quotidianità. Lavorare, recitare
– perché è questo il lavoro –
debuttare. Ma la stanchezza è sempre lì,
compagna costante e fedele. Perché? A 26 anni,
tutta la vita davanti, si è il ritratto della
salute. Per Chiara non è così. Qualcosa
è successo, e non è solo lo stress delle
prove, del debutto, della tournée: essere stanchi,
sempre. Affanno, palpitazioni, sudori freddi e bianco,
tanto bianco. Il bianco della pelle nell’attimo
del primo malore. Il bianco della panca nel bianco
asettico dell’ospedale. E lacrime, tante lacrime
nello scontro brutale con la realtà. Linfoma
di Hodgkin e attesa. La bolla di vetro che racchiude
la malattia e, con essa, il malato. Attendere la guarigione,
attendere il ritorno alla vita, attendere che tutto
passi.
Chiara è “Il ritratto
della salute”. Oggi lo è per davvero:
alle spalle una storia emotivamente forte alla quale
dà un respiro universale. La forza di volontà
che l’ha portata ad attraversare il confine
tra la vita e la morte, tra il prima e il dopo. Teatro
come sfogo, come momento di condivisione di un passato
tragicamente beffardo. Un passato che l’ha resa
diversa, altra, non solo banalmente, più forte.
E la chiave comica che dà al suo spettacolo
è un modo – il suo – di affrontare
la vita. E il palcoscenico. Intenso. [patrizia
vitrugno]