L'Iraq,
Baghdad, il palazzo reale, la guerra. "La
regina senza corona", monologo di Massimo
Vincenzi, parla di questo. L'Iraq è visto attraverso
gli occhi di due donne, in due momenti assai diversi
della storia e con due approcci agli antipodi. Gertrude
Bell, figura storica del primo Novecento, profonda
conoscitrice del mondo arabo, amica e consigliera
del re Faysal, coltiva tenacemente il sogno di uno
stato iracheno libero e indipendente, tanto da essere
definita: "La regina senza corona dell'Iraq".
Nel palazzo reale di Baghdad, assediato dagli arabi
ribelli, Gertrude medita sulla sua vita, sulla fatica
di veder riconosciute le proprie capacità in
un'epoca e in un mondo in cui non c'era alcuno spazio
per la donna; non poteva far politica, non poteva
occuparsi d'arte e di cultura, ne' interessarsi della
guerra.. Ogni cosa che appassionava Gert era di competenza
maschile. Eppure la Bell si laurea a Oxford, diviene
archeologa, gira in lungo e in largo il mondo arabo,
durante la Prima guerra mondiale lavora fianco a fianco
con Lawrence d'Arabia e gode della stima e della fiducia
del re Faysal.
Nel 2003, davanti al portone sbarrato del palazzo
reale di Bagdad, un'altra donna fa le sue considerazioni.
Anche intorno a lei infuria la battaglia: è
un soldato, militare dell'esercito degli Stati Uniti.
In questa guerra assurda potrebbe perdere la vita
e non vuole: a casa ha un figlio, un bambino di otto
anni cui non sa come spiegare che la madre rischia
la vita a migliaia di chilometri da casa: è
il suo lavoro.
Solo una scalinata fa da scena alla doppia interpretazione
di Francesca Bianco, che incarna entrambe le protagoniste
del racconto, ciascuna col proprio monologo. Spezzano
il buio della sala una voce fuori campo che dà
coordinate militari e, sullo sfondo, le immagini televisive
dei bombardamenti notturni su Baghdad del 2003.
La scrittura del testo ha delle potenzialità
indubbie, che avrebbero forse potuto essere meglio
sviluppate e che invece restano sospese.
[marina viola]