Autore
Mattia Torre
Regia
Mattia Torre
Scene
Beatrice Scarpato
Costumi
Alessandro Lai
Luci
Luca Barbato
Coreografie
Musica
 

Qui e ora” è cinismo metropolitano, schianto tra due moto sulla scena, scontro di classi sociali. Un banale incidente diventa terreno d’impatto fra un conduttore radiofonico di successo (Valerio Mastrandrea) e un probabile impiegato (Valerio Aprea) di un quartiere periferico di Roma. Come in “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, i protagonisti aspettano un’ambulanza che non arriverà mai. È il 2 giugno, sono tutti impegnati altrove. Strana contraddizione, il titolo “Qui e ora” suggerirebbe una vita vissuta nel presente, nello spazio, in relazione con le altre persone. Falso. I cellulari imperano. Il conduttore Aurelio Sampietri, seppure ferito, conduce normalmente la sua trasmissione di ricette di cucina; l’impiegato Claudio Aliotta, parla al telefono con la madre. Nel mezzo un vomitare addosso all’altro stereotipi di classe. L’impiegato è una persona mediocre, fannullona, ripiegato su se stesso, frustrato, con una vita familiare spezzata, divorziato e un figlio psicologicamente disturbato; l’uomo benestante è dipinto come un esibizionista di benessere, una macchina vistosa, finti problemi e come un falso conoscitore delle vite degli altri.

Lo spettacolo dà voce alla complessità della vita metropolitana, al continuo vivere gomito a gomito, che spesso stride, quasi “costringe” stili di vita diversi a confrontarsi quotidianamente in modo distruttivo, fino all’estremo. Si arriva al finale quasi rinfrancati della distruzione: quando la rapidità, il produrre a vuoto sostituisce la relazione umana, l’altro è percepito come fastidio non come ricchezza, ma come una moltitudine di cavie in una gabbia troppo piccola. Sulla scena il tutto avviene lentamente (strano paradosso), sotto traccia, talvolta con parolacce ma con buona dizione, in modo teatrale.

La trama risente di poca profondità, accenna, ma non affonda, offre uno scatto dell’odierna commedia umana ma non mette il dito nella piaga, non indaga le motivazioni, mostra in superficie: sembra quasi lasciare al pubblico questo compito. Sarà la commistione tra generi diversi: televisione, cinema e teatro a produrre questo risultato, quando invece se il registro è solo teatrale c’è sintesi della vita e profondità? Il dubbio permane durante tutto lo spettacolo e ci si chiede quale possa essere il ruolo del teatro oggi: se possa bastare limitarsi ad accennare una storia, quasi timidamente, con il rischio che il messaggio sia contingente, “qui ed ora”, oppure se si voglia lasciare una traccia, un messaggio universale, che resti nel tempo. Il finale tenta una via di profondità, quasi a riscattare alcuni momenti colloquiali che fanno perdere tono allo spettacolo.

Mastrandrea si conferma un bravo interprete, si cimenta con stili diversi con competenza, impegno e passione. Anche Aprea in questi anni ha mostrato mille volti: il Leopardi sfigato in “Tutti Pazzi per amore”, lo sceneggiatore insensato in “Boris”, solo per citare quelli più popolari. Un vero attore, talmente versatile e a servizio del ruolo che interpreta, che a volte quasi si fatica ad individuarlo. Si ride, ci s’immedesima e resta un’amara riflessione. Forse è “ora” di trarre delle conclusioni, “qui”. [deborah ferrucci]

Interpreti
Valerio Mastrandrea
Produzione
Bam Teatro
In scena
fino al al 2 marzo 2014 al Teatro Ambra Jovinelli | Roma
Anno
2014
Genere
commedia