|
Autore |
Henrik
Ibsen
|
Regia |
Gabriele
Lavia |
Scene |
Alessandro
Camera
|
Costumi |
Andrea
Viotti
|
Luci |
Giovanni
Santolamazza
|
Coreografie |
|
Musica |
Giordano
Corapi |
|
Quando
l’assoluta armonia di scene, attori e musiche
fa di un’opera un capolavoro totale, la critica
diventa superflua. È il caso de “I
pilastri della società”
di Henrik Ibsen, per la regia di Gabriele Lavia, che
fotografa la società del tempo. Scritto nel 1877
e poco rappresentato, questo dramma è quello
che più si avvicina all’idea di teatro
moderno che il drammaturgo norvegese aveva in mente.
E l’idea di Ibsen si rinnova nella visione registica
di Lavia, che tramuta le atmosfere in dipinti post-impressionisti.
Un’ambientazione romantica e austera quella scelta
per la grande villa del Console Bernick: dalle tinte
rosso porpora per i salottini interni al bianco opaco
per gli arredi da giardino. La scena è divisa
tra una veranda sul proscenio (che si abbassa e si alza
per variare i luoghi della vicenda), e una balconata
sullo sfondo a suggerire l’esterno. Il dentro
e il fuori, il detto e il costretto.
Il
Console Bernick (Gabriele Lavia) è un industriale
stimato, rappresenta tutta la società, è
la colonna portante: “il pilastro”. Incarna
il progresso, l’innovazione, ma simboleggia
anche quel capitalismo malvagio che divora la classe
operaia. Bernick nasconde una macchia: ha sedotto
e abbandonato una giovane attrice, che per la delusione
ne è morta lasciando la figlia Dina (Camilla
Semino Favro) sola al mondo. Bernick per scongiurare
lo scandalo accusa Johan (Graziano Piazza), il fratello
minore di sua moglie Betty (Giorgia Salari), costringendolo
a emigrare in America con la sorellastra Lona (Federica
Di Martino). I due tornano dopo 18 anni e rompono
quel poco di equilibrio che c’è nella
psicologia simulatrice di Bernick. Tutto sembra precipitare...
Tra i personaggi Lona, come tutte le eroine ibseniane,
è diversa, ha capelli cortissimi, è
sciatta, parla sguaiata, ed è fondamentalmente
ribelle. Sembra possedere un’aria rivoluzionaria.
Più forti dei personaggi maschili, le donne,
le vere colonne della società, hanno ideali
definiti, sognano l’America. La sogna Marta
(Viola Graziosi), sorella di Bernick e Dina, l’orfana
adottata dal Console, che disprezza il bigottismo
norvegese.
Ma
tutti i personaggi, anche quelli negativi, non possono
vivere distaccati dal loro contesto, che è
quello nordico e statico della collettività:
sono fusi uno dentro l’altro, le loro parole
tratteggiano un’impressione di insieme. Si muovono
come uno sciame, a volte sembrano spettri, ombre lente
all’imbrunire della sera o al chiarore dell’alba,
spinti dalla voglia di scorgere le verità oltre
la veranda, dove il mondo si rivela senza censure.
La condizione di parentela fra i personaggi di Bernick
e Johan sottolinea l’avvilimento del passato
costantemente presente nell’animo del Console
e ne spiega i comportamenti sociali, le verità
traboccanti dietro al trucco dell’ipocrisia.
La libertà, l’apparenza, la fuga, sono
le tematiche più appariscenti di quest’opera
assolutamente attuale. Il lavoro registico è
la prova che fa di Lavia un vero maestro. L’atmosfera
è chiusa, intrappolata, timorosa dell’ideologia
borghese: è lo specchio di quel mondo esterno
che sa riprodurre la malattia del potere. E questa
sensazione raggiunge tutti, anche l’ultima poltrona
della platea; il pubblico interpreta il ruolo che
il regista voleva che interpretasse: la Società.
Un pubblico complice, curioso di spiare la vita oltre
le finestre, dove si sente il mare. Un pubblico/società
ancora più partecipe quando, nell’epilogo
Bernick/Lavia gli si rivolge confessando il suo passato.
Spettacolo
perfetto, corale. L’esaltazione della libertà
e della verità contro tutto e tutti. [serena
giorgi]
|
Interpreti |
Gabriele
Lavia, Giorgia Salari, Ludovica Apollonj Ghetti,
Viola Graziosi, Graziano Piazza, Federica Di
Martino, Mario Pietramala, Andrea Macaluso,
Mauro Mandolini, Alessandro Baldinotti, Massimiliano
Aceti, Camilla Semino Favro, Michele De Maria,
Carlo Sciaccaluga, Clelia Piscitello, Giovanna
Guida, Giulia Gallone, Rosy Bonfiglio
|
Produzione |
Teatro
di Roma coproduzione La Pergola di Firenze e
Lo Stabile di Torino
|
In
scena |
fino
al 22 Dicembre al Teatro Argentina | Roma |
Anno |
2013 |
Genere |
commedia |
|
|
|