«Basta
la paura e l'ignoranza a nun fa' sognà la gente?»,
si chiede un avvilito (e poco avvincente) Massimo Wertmuller,
protagonista de "Il Pellegrino",
monologo polimorfo in scena fino al 24 febbraio al Teatro dell'Angelo.
Sullo sfondo la Roma Papalina di
fine Ottocento, reduce dallo strapotere Napoleonico e pronta
a lasciarsi plasmare dalla restaurazione imposta da Pio VII;
su una sedia lui, Ninetto, umile vetturino al servizio del
potente Monsignor Caracciolo. Una vita tranquilla, tra strade
dissestate all'ombra del cupolone e fogliette di vino versate
sui banconi d'osteria. Mai uno scandalo che lo veda coinvolto,
mai un grattacapo che mandi sulle furie la madre, anch'essa
in carica presso l'ufficio cardinalizio. Un giorno però
il Monsignore lo convoca: è in arrivo a Roma il milanese
Conte Enrico, nipote dell'alto prelato costretto alla fuga
dalla polizia austriaca per le sue idee giacobine e desideroso
di conoscere le strade, i monumenti e le vergini che la città
eterna gelosamente conserva. Dapprima reticente, Ninetto accetta
di condurlo tra la storia e la mondanità, improvvisandosi
Cicerone di una Roma «antica, verace». Ed ecco
rivivere sul palco 26 personaggi e altrettante rocambolesche
vicende, quali pennellate grossolane di un ritratto dell'Urbe
che tende a qualificarsi più come italico contrappunto
del capoluogo meneghino, piuttosto che capitale indiscussa
della sincerità. L'accompagnamento musicale di clarinetto
e fagotto, salvo qualche buona caratterizzazione, pecca nel
coprire il racconto in più riprese (sarà voluto?
Il testo esisterà comunque per una ragione). Così,
tra un colpo di tamburo e un acuto di fiati, si arriva all'amara
conclusione: che nella vita campa meglio chi si fa gli affari
propri.
Un monologo a forte caratterizzazione
romanesca, in cui Wertmuller non delude chi ne apprezza le
doti trasformiste. Il talento nel reinventarsi a seconda dei
contesti urbani, però, non può nulla contro
una storia che, sebbene possa funzionare come compendio di
romanità, viene diluita ben oltre i 30 minuti necessari
per raccontarla in dettaglio.
[gianluigi cacciotti]