Brecht
non poteva concepire il teatro separato dalla sua
funzione civile, educativa, informativa. Oggi c’è
ancora la necessità che il teatro continui
ad esercitare questa funzione, ancora, soprattutto
per le giovani generazioni che ignorano episodi drammatici
della storia del nostro paese.
Il lavoro di Massimiliano Coccia, un giovane autore,
esperto di storia contemporanea, ha mirato proprio
a questo, fare in modo che la gente non dimentichi.
Per questo, dopo aver pubblicato nel 2006 un libro
intitolato Gli occhi di Piero,
ne ha fatto uno spettacolo insieme a Fabrizio Giannini
coautore ed interprete del monologo. A pochi giorni
dall’anniversario della morte, il lavoro prende
il titolo dal libro omonimo e racconta la storia di
Piero Bruno, un giovane studente diciassettenne di
un istituto tecnico romano appartenente a lotta continua
che il 23 novembre 1975, durante una manifestazione
per la liberazione dell’Angola, fu ferito da
due colpi di pistola, sparati dalle forze di polizia.
Lasciato lì agonizzante, muore dopo tre giorni
in ospedale. Da quel momento via Ludovico Muratori
sarà chiamata per diversi anni la via della
morte, per questa giovane vita finita così
ingiustamente e violentemente.
La storia ci viene raccontata da Alfredo, portiere
di via Ludovico Muratori, figlio di portiere, il papà
si chiamava Gustavo ed aveva assistito impotente al
ferimento di Piero senza poterlo aiutare. Di tutta
la scena, quello che colpisce il vecchio Gustavo sono
occhi, quelli di un diciassettenne che credeva nei
suoi ideali e sperava di poter cambiare il mondo.
Alfredo, il figlio, alternandosi al padre, ci racconta
la storia non solo di Piero, ma degli anni Settanta,
gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza,
della strage del Circeo, dell’omicidio di Pasolini,
delle prime uscite con le ragazze, quando ancora ci
si scrivevano le cartoline e la vita era vissuta con
ritmi diversi da oggi.
Lo spettacolo è ben diretto da Marco Simeoli
che ha optato per soluzioni registiche semplici e
al tempo stesso originali, proiettando opportunamente
anche alcuni video d’epoca. Bravo Fabrizio Giannini,
dotato di una recitazione spontanea, fortemente comunicativa,
che spazia dal comico al drammatico. Adeguata anche
la scelta della colonna sonora originale creata da
Lorenzo Marsili e Luigi Pulcinelli, integrata dall’utilizzo
di famose canzoni degli anni ’70. Buone le luci
d’atmosfera di Gabriele Barettin.
[annalisa picconi]