Autore
Peppino De Filippo
Regia
Michele Mirabella
Scene
Alida Cappellini, Giovanni Licheri
Costumi
Alida Cappellini, Giovanni Licheri
Luci
Luigi Ascione
Coreografie
Musica
 
Un cornetto nascosto nella giacca, tre sputacchi sulla spalla per esorcizzare il malocchio; ed ecco che la iella è scongiurata. Il gesto di fare le corna o evitare d’incappare in un gatto nero, è ciò che quotidianamente fa Gervasio Savastano (Sebastiano Lo Monaco), un concentrato di napoletanità.
Non è vero ma ci credo” lavoro nato nel 1942 dalla penna di Peppino De Filippo, viene riproposto e diretto da Michele Mirabella che fa di quest’opera della commedia borghese, un manuale perfetto di credenza superstiziosa dell’Italia di fine anni Cinquanta. È l’Italia del boom economico: il mobilio da ufficio, nel primo atto, incorniciato dalla facciata tappezzata di manifesti politici e l’interno di un salone casalingo nel secondo, ritraggono un Paese lontano, un mondo sorpassato. Un’Italia fatta di musichette sentimentali e gonne larghissime, di riviste di costume e storie di Carosello. In questa spensieratezza di vivere, l’industriale di conserve di pomodoro Gervasio Savastano, è invece tormentato da fissazioni, regole e rituali scaramantici. Le giornate sono instabili, influenzate da incontri e dall’alone di s/fortuna che qualcuno può trasmettergli. Tutto dipende dagli altri. Gervasio si aggira sulla scena come un forsennato, la sua è una caricatura ereditata dalla tradizione partenopea densa di gestualità a volte volgari, a volte spiritose. A volte esagera con lo scongiuro, come quando scaccia Belisario Malvurio (Carmine Borrino) suo dipendente, iettatore persino nel nome, licenziato in tronco dopo aver portato sfiga con l’ennesimo temporale. I tuoni cessano e il sereno arriva con Alberto Sammaria (Antonio De Rosa), quasi un Deus ex machina, benevolo fin dall’inizio. Nei panni di Gervasio, nelle sue movenze e nella lingua un poco sciancata, Lo Monaco ricorda chi di gag e toni macchiettistici ne ha da vendere: ricalca il profilo prepotente del grande Totò quando discute con la moglie (Lelia Mangano De Filippo), è possessivo quando fa il padre padrone della figlia (Maria Laura Caselli), è adulatore quando si convince che Sammaria, per l’ingombrante gobba, porti fortuna.

Una commedia scanzonata, una favola burlesca, dove la realtà supera la fantasia. Eppure poteva pretendere maggiore ritmo e brevità: è eccessiva la sottolineatura del tema scaramantico, che ruba spazio all’avvicendarsi dello spettacolo. Alla conclusione si arriva stremati. Ma anche desiderosi dell’onnipresenza di Lo Monaco: l’interprete ha un’eccellente padronanza espressiva, sia nel dialetto appena accennato, che nella capacità fisica di reggere due ore di spettacolo. Ma anche Lelia Mangano De Filippo (che di Peppino era la moglie), nell’interpretazione di Teresa è autentica e forte, spassosa quando si fa beffa dei riti del marito. La scenografia con arredi vintage fa di questa pièce un gioiellino del teatro all’italiana che tanto manca a questo popolo di creduloni, gli stessi connazionali del filosofo Benedetto Croce che a proposito delle superstizioni una volta disse: «Non è vero ma prendo le mie precauzioni». [serena giorgi]

Interpreti
Sebastiano Lo Monaco, Lelia Mangano De Filippo, Maria Laura Caselli, Antonio De Rosa, Alfonso Liguori, Vincenzo Borrino, Margherita Coppola, Carmine Borrino, Luana Pantaleo, Salvatore Felaco, Cristina Darold
Produzione
Sicilia Teatro
In scena
fino al 10 novembre 2013 al Teatro Quirino | Roma
Anno
2013
Genere
commedia