No Escape - Due atti unici


Anno
2012

Genere
monologo

In scena
18/20 dicembre 2012
TeatroDue | Roma

Autore
Dino Buzzati
Regia
Giovanni Morassutti,
Laura Caparrotti
Scene
Lucretia Moroni
Musica
Mauro Bortolani, Marco Balbinot, Valerio Bonome
Interpreti
Lydia Biondi (“Sola in casa”), Laura Caparrotti (“Spogliarello”)
Produzione
Kit – Kairos Italy Theater

 

Un doppio sguardo di donna al centro della scena inchioda lo spettatore, introducendo in modo quasi subliminale e ipnotico il titolo dello spettacolo: “No Escape” (“Senza Via di Scampo”). I due attici unici firmati da Dino Buzzati, “Sola in casa” e “Spogliarello”, invitano la donna a “non fuggire” nel primo atto dalle sue problematiche come la solitudine e nel secondo dalla propria nudità interiore.

In “Sola in casa” Madame Iris è una cartomante che vive con un geco, un gatto e la scrivania da lettrice dei destini umani. Suoni pesanti di chiavistelli amplificano il senso di isolamento dalla società, un po’ come Giulietta Masina nel film di Fellini “Giulietta degli Spiriti”: un continuo chiudere persiane e porte, per tenere fuori la vita. Ogni tanto la cartomante di Buzzati apre una persiana sulla strada, ma i suoni che ode sono “rumori molesti”, sirene di ambulanze, della polizia, perché nel quartiere si verificano frequenti omicidi; meglio chiudersi a chiave, per non rischiare. Ma un vicino suona alla porta per farsi leggere le carte del suo destino… Monologo enigmatico indagato con precisione registica da Giovanni Morassutti e con attenta e fluida interpretazione da Lydia Biondi, che supera brillantemente l’ostacolo di recitare da sola il dialogo con il cliente. È una solitudine “piena”, intensa e la Biondi domina il palcoscenico con grazia, garbo, professionalità, tiene la tensione dell’epilogo, vive con partecipazione il “complicato” finale. L’attrice è il monologo.

Nel secondo atto, Laura Caparrotti pur essendo talentuosa non riesce a convincere fino in fondo. Accenna il personaggio, sceglie con quali parti di esso identificarsi, lasciando dei vuoti qua e là. Non cattura l’essenza di Velia, spogliarellista per codardia, donna irresponsabile che attribuisce i propri fallimenti alla sfortuna, che delega la propria sussistenza una volta ad un amante facoltoso e avaro (questa sì che è sfortuna!), un’altra ad una zia e ad un prete a cui confessa le proprie colpe. Nessuno vuole farsi carico completamente della vita di Velia, dovrebbe farlo da sola, se ne avesse il coraggio. Ecco, se l’attrice-regista Caparrotti avesse evidenziato la codardia di questa donna come chiave di lettura dell’intero testo ne avrebbe colto l’essenza, invece, si perde tra piccole sfumature che altro non sono che variabili provenienti da uno stesso centro, da una stessa problematica interiore: la fuga da se stessa. Probabilmente una regia esterna solleverebbe l’attrice dal duplice ruolo e le consentirebbe di concentrarsi sul personaggio. Esperimento interessante, riuscito nel primo atto, con scene belle e funzionali ideate da Lucretia Moroni e con una produzione, la Kit, che ha il nobile scopo di promuovere la cultura italiana negli Stati Uniti. Il “ponte” culturale è importante, andrebbe approfondito e cesellato. [deborah ferrucci]