La
disobbedienza porta fermento al Teatro Valle Occupato:
nei palchi laterali campeggia la scritta: «Com’è
triste la prudenza». Ardori giovanili. Il bene
pubblico, seppure con tutte le difficoltà del
caso, trasmette una forte energia. Mentre il pubblico
giovane e poliglotta si accomoda in platea, due attori
sulla scena raccolgono le coperte che il pubblico
ha portato e le sistemano; scorrono sullo sfondo le
immagini di interviste casuali in strada: «Cos’è
la tempesta?»; «Deserto»; «C’est
la résistence» (È la resistenza).
«Gettarsi
nella tempesta per provare l’esplosione»,
afferma Judith Malina coinvolta nel progetto teatrale.
Sullo sfondo, c’è lui, il grande drammaturgo
di Stratford-on-Avon: William Shakespeare e la sua
“Tempesta”, storia di un naufragio su
un’isola sperduta e del potere esercitato dal
suo protagonista, Prospero. Infinito Shakeaspeare
dalle cui opere sgorga una sorgente inesauribile:
la tempesta, il deserto, la ricostruzione, il significato
del potere e dell’amore. “Nella Tempesta”
di Casagrande e Nicolò la stessa metafora umana
viene portata ai giorni nostri, i naufragi sono quelli
degli immigrati a Lampedusa, alla ricerca di un tetto,
di documenti (come non pensare alle manifestazioni
parigine a favore dei “sans papiers”,
senza documenti?) e le coperte sulla scena simbolo
di un riparo e di provvisorietà.
Gli
attori a volte interpretano il dramma scespiriano,
altre il dramma personale e contemporaneo; Prospero
non è un attore ma una luce, un faro, che come
un raggio laser cerca di dirigere, di controllare
le vite degli attori sulla scena. Esilarante la rappresentazione
del potere da parte di una ragazza con l’accento
americano molto sportiva e con giubbotto di paillettes
(è quello il suo potere, lo scintillìo
delle paillettes). Si ride, si riflette, ci si rattrista,
si è coinvolti in questo vortice tempestoso
di una scena nuda definita da attori che si muovono
con estrema naturalezza, forza, agilità, su
sacchi, rotolandosi tra le coperte. Eccezionali. Il
corpo umano che si esprime in parole letterarie.
Non
siamo lontani dalle atmosfere forti e travolgenti
di Romeo Castellucci, drammaturgo italiano apprezzato
in Francia, oramai caposcuola del teatro contemporaneo
italiano. Le contaminazioni con il panorama internazionale
danno il senso di uno spettacolo che ha attraversato
mille mondi e visto molte realtà. È
così ricco in citazioni letterarie, in strati
di sottotesti mirabilmente sintetizzati, che è
impossibile descriverlo. Si può solo viverlo.
Ha
il sapore del mondo “Nella tempesta”:
viene voglia di preparare la valigia e andare in giro
a cercare le risposte ad una vita sempre più
complessa, che solo la conoscenza e l’ascolto
possono dare.
Imperdibile.
[deborah ferrucci]