Uno
spettacolo di “denuncia”, risultato di
mesi di ricerche e di studio: un’attenta analisi
sull’operato degli organi direttivi del Vaticano
negli ultimi decenni. Ecco cosa è “Nel
nome di chi?”. Una trama forte
che affronta temi attualissimi come la pedofilia,
i beni immobili della Chiesa, lo IOR, senza però
intaccare le molteplici opere di carità della
Chiesa, i tanti “piccoli grandi sacerdoti”
che lealmente si dedicano a molte comunità
(dai piccoli centri dell’Italia, fino alle zone
più disagiate del mondo) e ancor meno gli oltre
800 missionari caduti sul campo negli ultimi 20 anni.
Scritto a due mani da Gabriele
Guidi ed Ennio Speranza e interpretato da Antonia
Liskova, si configura come una sentita e partecipe
interrogazione alla gerarchia ecclesiastica, rappresentata
da un silente e distratto pontefice visibile, ma non
reattivo. A farsi carico della critica/denuncia è
una donna apparentemente umile, dimessa, che contrasta
in modo stridente con il fasto evocato dei palazzi
episcopali, dei paludamenti, dei fondi illimitati
connessi a poco chiare operazioni finanziarie; la
brava Liskova rende con vigore e sentimento questa
figura femminile inquieta e coraggiosa, immagine ideale
della Chiesa Militante, prima vittima, nelle sue componenti
più fragili e innocenti, dell’indegno
comportamento di certi suoi rappresentanti.
“Nel
nome di chi?” si dipana come
una rappresentazione giudiziaria, dove i testi dell’accusa
sono evocati dalla donna e sbattuti in faccia alla
gerarchia, che non risponde, non si difende, ma ignora,
sfugge, rimanda. «In nome di chi, tutto questo»,
gli autori fanno chiedere alla donna. «Fino
a quando?» aggiungiamo, contando che l’avvento
di papa Francesco dia una risposta a questa domanda.
La pièce è coinvolgente e ben ritmata
ed offre emozioni che sgorgano potenti, nei momenti
più intensi, donando teatralità a una
realtà in sé fin troppo drammatica.
Applausi per tutti.
[maresa retica, massimo stinco]