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Autore:
da
un'idea di Fabrizio Gifuni da “Scritti Corsari”,
“Lettere Luterane”, “Siamo tutti in
pericolo”, “La nuova forma della meglio gioventù”,
“Abbozzo di sceneggiatura per un film su San Paolo”,
“Poesia in forma di Rosa”, “Ragazzi
di vita” di Pier Paolo Pasolini e da “Il Pecora”
di Giorgio Somalvico |
Regia:
Giuseppe
Bertolucci |
Scene:
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Costumi:
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Luci:
Cesare Accetta |
Musica:
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Produzione:
Teatro delle Briciole Solares Fondazione
delle Arti |
Interpreti:
Fabrizio Gifuni |
Anno
di produzione: 2010 |
Genere:
monologo |
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Quando
Fabrizio Gifuni si dedica al teatro lo fa in grande
stile. Il suo è un teatro viscerale, fisicamente
impegnativo. La sua maschera è plastica, poliedrica.
Torna al teatro con una monografia, la sua, in scena
al Valle. “’Na specie de cadavere lunghissimo”
non è solo un monologo. Il regista Giuseppe
Bertolucci mette insieme due personaggi e Gifuni è
per due volte declinato in modo differente. Gifuni
è il Padre, Pier Paolo Pasolini. Gifuni è
il Figlio, il suo assassino Pino Pelosi. Il primo
recita con lenta maestria raccontando degli intellettuali
che perdono i treni perché consultano un orario
scaduto da un anno, del consumismo mediatico, dell’Italia
priva di dignità e coscienza politica perché
da noi l’uguaglianza non è stata conquistata
ma regalata, dei jeans Jesus e della falsa tolleranza.
Il secondo parla con gli endecasillabi dialettali
di Giorgio Somalvico, che nel poemetto “Il Pecora”
racconta la lisergica notte dell’omicidio dell’Idroscalo.
Il passaggio da un registro all’altro è
di una forza disarmante. Sul palco sembrano esserci
due attori, differenti per natura e intenzione. Dall’intimità
di un racconto svelato alla luce di un lampione, tra
i tavolini di un bar all’allucinata follia di
chi ha appena compiuto un delitto e subito dopo è
fuggito sulla Giulietta.
Un “Ah! Che ve possino!!! Che me fregava s’era
Petrolini” sottolineato da un fascio di luce
chiude lo spettacolo consegnando il senso dell’intera
operazione direttamente nelle mani dello spettatore.
Perché il teatro di Gifuni è questo:
turbamento e straniamento. [patrizia
vitrugno]
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