Tutti
conoscono “My Fair
Lady”, il musical tratto da “Il
Pigmalione” di George Bernard Shaw, dove il cinico
professore di fonetica Henry Higgins accetta la scommessa
di riuscire a trasformare l'incolta e rozza fioraia
Eliza Doolittle in una signora dell'alta società.
Vincerà la scommessa professionale dimostrandosi
però vulnerabile dal lato sentimentale, provando
emozioni fino ad allora sconosciute per la giovane fioraia.
Il musical debuttò
la sera del 15 marzo 1956 al "Mark Hellinger
Theatre" di New York, ottenendo un successo esorbitante,
tanto da prolungarsi per ben 2717 rappresentazioni,
un record per Broadway. Lo show fu messo in scena
a Londra nel 1958 con gli stessi protagonisti dell'edizione
americana rimanendo in cartellone per 2281 repliche.
Dopo il successo
dello scorso anno, il regista e neo direttore artistico
de Il Sistina, Massimo Romeo Piparo ripropone il musical
nelle vesti italiane confermando Luca Ward (noto doppiatore
di attori come Hugh Grant, Keanu Reeves, Pierce Brosnam,
Samuel L. Jackson e Russel Crowe), nelle vesti del
professor Higgins e Vittoria Belvedere in quelli della
fioraia Eliza, portatrice di un accento “siciliano”
disturbante e fuori luogo, rispetto allo scenario
che vede la vicenda ambientata a Londra. La scelta
del dialetto italico è solo la prima di una
serie di cattive opzioni che inclinano uno spettacolo
senza ritmo, ripiegato su se stesso e che avanza con
pachidermica lentezza.
La Belvedere convince
poco nel canto, con una voce flebile ed acuta spesso
e volentieri sovrastata dalla direzione musicale di
Emanuele Friello e dall'ensemble di ballerini e cantanti
che rappresentano al contrario il punto forte dello
spettacolo. Ward si mantiene su una generica sufficienza,
con recitazione e presenza scenica senza troppe ombre
e luci, sovrastato anche lui da Aldo Ralli che nel
ruolo di Alfred Doolittle, padre di Eliza, è
protagonista insieme al corpo di ballo dei pochi momenti
entusiasmanti della rappresentazione.
La regia di Piparo,
che segue il testo in maniera accademica senza grosse
invenzioni, conduce lo spettacolo attraverso acque
sin troppo calme, perdendo quel quid “creativo”
che aveva caratterizzato i musical in lingua originale
con il sopracitato Teatro della Munizione da “Jesus
Christ Superstar” a “Evita”.
Oggi pare abbia scelto vita tranquilla - come cantava
Francesco Tricarico un paio di anni fa -, che rende
però gli spettacoli dimenticabili nel giro
di qualche ora, come quest'ultimo, appunto. Purtroppo…
[fabio melandri]