Patrocinata dal
Comune di Roma e dall’Associazione femminile
“Eudonna”, l’iniziativa “Mosaico
di donna - Vetustà” ha
il pregio di valorizzare le figure storiche femminili
dell’antichità: Penelope, Messalina,
Rosvita di Gandersheim, Costanza d’Altavilla
e Christine de Pizan. Lo scopo è di fare luce
sull’intelletto delle donne. Impresa non facile,
se si considera che l’eccezionalità e
non la consuetudine, caratterizzava le menti femminili
che nel passato riuscivano ad emergere. Come trovare
un filo conduttore? Non c’era nella realtà
e non purtroppo c’è nello spettacolo
“Mosaico di donna, vetustà”. La
rabbia che le attrici trasmettono per una condizione
di subalternità è un sentimento tipico
della donna moderna, non di quella del passato, proprio
per l’eccezionalità della condizione.
Basterebbe invece far vivere quei personaggi femminili
sul palcoscenico, senza commentarli e senza sentimenti
rancorosi, per sorprendersi e scoprire che c’erano
donne intelligenti, colte, influenti, anche se rare
viste le pressioni sociali cui erano sottoposte. Nel
passato (ne è un esempio la matematica Ipazia,
che qui non è rappresentata), spesso l’emancipazione
femminile passava attraverso l’agiatezza sociale
oppure per un padre illuminato. Era l’amore
del genitore per la figlia a liberarla dai condizionamenti
sociali e a donarle libertà di pensiero e di
espressione.
Il coro delle donne in
apertura dello spettacolo suggerisce la classicità
e la ieraticità dei personaggi: Penelope, inaspettatamente
è la più convincente pur essendo più
tradizionalmente donna, tesse la tela, aspetta Ulisse
e usa l’ingegno per tenere lontani i Proci;
Messalina è troppo arrabbiata per la reputazione
di meretrice con la quale si vendica della condizione
di sposa bambina, figlia oggetto della famiglia; Rosvita
è una monaca altera e severa, troppo in contraddizione
con le altre; Costanza, madre di Federico II di Svevia,
è una donna amorevole e illuminata che contribuisce
ad un’educazione libera e colta del figlio futuro
imperatore. La figura di Christine de Pizane è
la più difficile da cogliere: castellana, è
prigioniera di chi, o di cosa?
Il testo è composto
da dialoghi sentiti ma senza una trama precisa; ci
sono trovate sceniche sparse qua e là ma senza
armonia. Sarebbero bastati invece più semplicità,
meno oggetti ma veri in scena e personaggi storici
più che sentimenti moderni.
L’autenticità
è sempre credibile, anche sul palcoscenico.
[deborah ferrucci]