La
guerra, gli ultimi giorni prima della resa, i bombardamenti,
l’assedio dei tedeschi che non cedono, a costo
della loro stessa vita e del sacrificio dei civili.
Sono immagini che echeggiano ancora nell’immaginario
collettivo. C’è chi ha vissuto direttamente
queste vicissitudini, c’è chi le racconta,
ma anche chi non le ha potute raccontare, perché
in quel conflitto è morto. Lo stesso regista
Giancarlo Sepe, nelle note di regia, riferisce della
morte di una sorellina nell’agosto del ‘43,
prima che lui nascesse, finita sotto le macerie dopo
un bombardamento.
Non ci si stanca mai di raccontare e soprattutto ricordare
per non dimenticare. Un teatro di impegno civile quello
di Erri de Luca, autore nato dopo la guerra, la stessa
che ci racconta in questo testo “Morso di luna
nuova”, dei bombardamenti di Napoli, della resistenza
organizzata dai cittadini e della speranza nell’arrivo
degli alleati liberatori. Tematica trattata e praticata
da molti scrittori, non solo drammaturghi. De Luca
ha il pregio di affrontarla in modo originale, irrorandola
di quella napoletanità che fa vedere il bello
e il brutto della vita, che ironizza sulla morte e
che porta l’entusiasmo anche nelle situazioni
più drammatiche. Interessante, oltre l’equilibrata
calibratura dei dialoghi che coinvolgono più
personaggi in scena, l’introduzione della “macchietta
napoletana” (splendidamente intavolata dagli
attori), che riporta ad un teatro che forse non esiste
più.
Elegante,
briosa e dinamica la regia di Giancarlo Sepe, ormai
sapiente nel restituire al pubblico immagini non solo
verbali ma anche cinestetiche. Semplice e funzionale
la scenografia di Bruno Buonincontri, che con pochi
segni riesce a trasformare lo spazio con l’interazione
degli attori. Bravi tutti gli interpreti, che cooperano
ad uno splendido ensemble in scena. Adeguate luci
e interventi musicali.
[annalisa picconi]