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Anno
2011
Genere
commedia
In
scena
fino all'11 marzo
Il Sistina, Roma
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Autore |
Maurizio
Battista,
Riccardo Graziosi |
Regia |
Luigi
Russo |
Scene |
Marco
Papalia |
Costumi |
Costumearte |
Luci |
Fabio
Persia |
Musica |
M. Guelfi, C. D'Alatri |
Interpreti |
Maurizio
Battista,
Lallo Circosta,
Riccardo Graziosi,
Francesca Nunzi |
Produzione |
AB
Management |
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«Qual
è il posto di un uomo in casa?». È il quesito-dilemma
di un uomo separato dopo venti anni di matrimonio, il protagonista
de "Il mio secondo matrimonio". A Maurizio Battista
si perdona tutto, anche l’ovvia domanda di quest'ultima
fatica, o divertissement verrebbe da dire.
A metà strada tra il one-man show e la commedia, Battista
si cimenta in un contesto diverso dal solito: abbandona i panni
del mattatore e si mette in gioco con altri attori; il prete
(Lallo Circosta), il chierichetto (Riccardo Graziosi) e la fidanzata
(Francesca Nunzi).
Come tutti gli esperimenti non necessariamente il risultato
riesce bene al primo colpo: il ritmo delle battute, nell’adattarsi
alla coralità delle voci della commedia, perde grinta
e velocità; Battista fa bene a dare spazio agli attori,
ma senza un testo ben scritto si perde la bravura del protagonista
e non si avverte la trama del drammaturgo. Peccato.
Nonostante gli errori di forma, una scenografia un po’
stile Sanremo e le battute non proprio originali sull’universo
dei single dopo una separazione (la donna obesa vestita leopardata
dalla testa ai piedi che vuole fare l’amore come un muratore,
l’estimatrice delle gite con vendita delle pentole con
orari impossibili e la maglierista che pone domande imbarazzanti
nel bel mezzo di una partita di calcio), non si esce dallo spettacolo
insoddisfatti. Battista non fa divertire contro qualcuno, fa
divertire con qualcuno. Sorride dei difetti delle donne, ma
è consapevole di non poterne fare a meno, tant’è
che si ripresenta all’appuntamento del suo secondo matrimonio
con le inevitabili follie che l’accompagnano. Perché
è meglio una vita pericolosamente vissuta, che non vissuta.
Consapevoli che non si è assistito ad un capolavoro,
si apprezza l’armonia stilistica degli attori, si percepisce
l’entusiasmo con cui è stato costruito lo spettacolo
e si nota una sincera umiltà del cast artistico, nonché
rispetto per il pubblico. Chapeau.
[deborah ferrucci]
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