Nell’inscindibile
dualità dell’animo umano, riconoscere
i Mister Hyde mascherati da Dottor Jeckyll non è
impresa facile. Tutti hanno un Hyde pronto ad emergere
nella lotta tra bene e male che avviene nella coscienza
umana. Lo sa bene Valerio Mastandrea che ritorna a
teatro con Migliore,
intenso e coinvolgente monologo creato da Mattia Torre,
per smascherare il lato oscuro che risiede nei meandri
dell’animo umano: la parte istintiva, prepotente
e violenta che affascina e crea consenso.
Sotto coni di luce ipnotica, un abito e cravatta nera
vestono la storia di un uomo miseramente ordinario.
Toni controllati, posa immobile, economia di gesti,
freddezza emotiva arredano un palcoscenico vuoto su
cui si presenta la metamorfosi spietata di Alfredo,
un essere tenerissimo per eccessiva bontà e
timidezza, che fa parte di un’associazione per
la salvaguardia delle sane “cose di una volta”
e dove si raccolgono fondi per “salvare i peri
del Piemonte”. Alfredo convive con superficiali,
ma comunque limitanti, problemi di salute e vive di
insuccessi e frustrazioni tra l’indifferenza
della famiglia e dogmatiche convinzioni ereditarie.
Piccole paure e manie ingiustificate costellano il
suo mondo, in cui è costretto a subire ed adattarsi
senza opporsi. È l’unico del suo condominio
a doversi svegliare all’alba per aprire il portone
agli operatori ecologici ed anche i cani sembrano
riconoscere in lui un’umanità marginale,
inservibile e così avvilita da lavorare per
il call-center di una ditta che fornisce servizi esclusivi
a ricchi possessori di una carta di credito, per i
quali si soddisfano le richieste più impensabili.
Una creatura remissiva, timida, comune, tragicamente
normale fino a quando un drammatico e causale incidente,
da lui involontariamente provocato, scardina la sua
esistenza. Assolto dall’accusa di omicidio è
il senso di empietà a pervaderlo nei gesti,
nei toni, nell’animo. È il senso di colpa,
vertigine di inquietudine e offesa alla sua stessa
vita, ad indurirlo nei confronti del mondo esterno.
È l’incapacità di comprendere
la liberazione da un delitto commesso a trasformare
gradualmente il suo comportamento: diventa cattivo.
Inaspettatamente la società lo accoglie: cresce
nel lavoro e nei rapporti interpersonali, colleziona
successi nell’amore, conquista il rispetto dei
clienti, dei colleghi, della famiglia e persino dei
netturbini. Ora è sempre in piedi ma, spostandosi
meccanicamente da un angolo all’altra del palcoscenico
con qualche variazione di luce, i toni sono diventati
acidi, contratti, fieri. La mimica contenuta e la
fluidità comica e bieca delle frasi di marmo
(“io non ti uccido, ti traduco”), presentano
un Alfredo nuovo dall’orgoglio smisurato, dalla
sicurezza massiccia, dal cinismo violento, capace
di cattiveria, un uomo ‘migliore’ che
vincerà in questo mondo scaltro e senza scrupoli.
Allora come potremmo condannare Hyde? La forza della
cattiveria attrae la stima, l’attenzione, il
rispetto della maggioranza.
[alice
piano]