Fabio
Aldovrandi, toscano di nascita ma pugliese per formazione,
è un attore che vivacchia nei teatri milanesi
di bassa categoria mentre aspetta l'occasione della
vita. Ai rozzi avventori delle bettole in cui si esibisce,
prova a offrire una comicità sottile, colta,
un po' più raffinata rispetto alle battutacce
a doppio senso che il pubblico sembra tanto apprezzare.
Ma ogni spettacolo deve inevitabilmente chiudersi,
con somma vergogna del povero esecutore, con la canzoncina
popolare milanese "L'osein de la comare".
Eppure la svolta è dietro l'angolo: Giorgio
Strehler lo ha convocato per un provino l'indomani;
finalmente un'opportunità concreta di lasciare
gli scantinati e iniziare una carriera al Piccolo
Teatro. Ma come impressionare il maestro? Cosa proporgli
di nuovo e originale? Dopo mille idee e ripensamenti,
Aldovrandi decide che gli racconterà la storia
della sua vita professionale.
Maurizio Micheli scrisse questo monologo comico, insieme
a Umberto Simonetta, 32 anni fa. Lo porta nei teatri
italiani dal 1978 e oggi, risulta tutt'altro che anacronistico.
Sarà perché Aldovrandi è ormai
dentro la pelle stessa di Micheli, sarà per
la leggerezza e semplicità della scena che
accoglie i due atti del monologo, sarà che
la gavetta dell'attore non è poi così
cambiata negli ultimi trent'anni ma il lavoro funziona
e il pubblico si diverte. Sono indizi sufficienti
per credere che le repliche non deluderanno, fintanto
che continuerà a divertirsi colui che porta
in scena lo spettacolo. [marina
vola]