Metti
in salvo il Tesoretto: la commedia latina originale
di Plauto è intitolata Aulularia
da aulum, pentola o pentolaccia, il contenitore dell’agognato
tesoro, passato di generazione in generazione e tenuto
ben nascosto da tutti i capofamiglia, che come confermano
i Lari (le divinità minori protettrici della
casa), sono da sempre tutti taccagni, avari. La spilorceria
è tale che conducono una vita da poveri, proprio
per preservare qualsiasi spreco. Il vecchio capofamiglia
Euclione vive nel terrore che il suo tesoro sia scoperto
e rubato, a tal punto che ad ogni sospetto, lo controlla
e spesso lo porta con sé. Costringe tutti i
membri della famiglia a vivere in uno stato di estrema
costrizione e povertà: la vecchia domestica
è sempre ingiuriata e bastonata, mentre la
giovane figlia non dispone neppure della dote per
sposarsi. A tutto si aggiunge Fedria, la figlia, mai
presente fisicamente nella commedia, incinta del giovane
Liconide, innamorato di lei e intenzionato a prenderla
in sposa. Ad aggravare le vicende familiari c’è
il personaggio del ricco Megadoro, vecchio possidente,
zio di Liconide, che la vuole sposare anche senza
dote.
Tra accidenti ed equivoci provocati anche dall’arguto
Strofilo, servo di Liconide la commedia, come afferma
l’autore Gianrico Tedeschi “non volge
chiaramente al lieto fine nello stile goldoniano “vogliamoci
bene”, non si sa come Plauto abbia chiuso la
storia perché l’atto è andato
perduto”. La trama, che ha ispirato altri commediografi
come Molière ed anche Totò nel film
“47 morto che parla”, in questa edizione
è attualizzata inserendo talvolta nei monologhi
del vecchio Euclione anche riferimenti alla situazione
teatrale economica e politica italiana: in fondo i
problemi di un tempo sono sempre gli stessi; si è
voluto immaginare lo stesso Plauto come un precursore,
al pari di un autore dell’avanguardia Futurista.
Lo spettacolo ha degli spunti e delle sperimentazioni
interessanti, anche se in alcune parti sembra distaccarsi
un po’ troppo dallo stile della commedia latina.
Non mancano i toni grotteschi o da Commedia dell’Arte
(le cui maschere traggono origine in alcuni caratteri
plautini). Anche le musiche originali, arricchite
da citazioni di canzoni moderne, spiazzano lo spettatore,
rimandando ad altro, forse un po’ troppo distante
dall’ironia proposta dal commediografo latino.
Spettacolo comunque originale, capitanato dal sempre
bravo Gianrico Tedeschi che si cimenta anche col canto
e completato dal contributo personale di validi attori
che lo affiancano. [annalisa
picconi]