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Autore |
Giovanni
Verga |
Regia |
Guglielmo
Ferro
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Scene |
Salvo
Manciagli
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Costumi |
Carmen
Ragonese
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Luci |
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Coreografie |
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Musica |
Massimiliano
Pace |
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«Il realismo, io, l’intendo così,
come la schietta ed evidente manifestazione dell’osservazione
coscienziosa; la sincerità dell’arte, in
una parola, potrà prendere un lato della fisionomia
della vita italiana moderna, a partire dalle classi
infime, dove la lotta è limitata al pane quotidiano,
e a finire nelle varie aspirazioni, nelle ideali avidità».
Così Giovanni Verga annunciava il suo progetto
letterario, poi ricatalogato sotto il nome di "Ciclo
dei Vinti": una produzione di cinque romanzi in
cui l'umana bramosia di potere finiva per essere ridicolizzata
al cospetto dell'imparziale destino. “Mastro
Don Gesualdo“, seconda opera del
ciclo dopo i “Malavoglia”, continua ad essere
largamente rappresentato a teatro e in televisione,
in quanto portatore di un messaggio di eterna e pregnante
attualità: la realizzazione professionale e la
conseguente riconoscibilità sociale.
Il
regista Guglielmo Ferro, figlio di quel Turi Ferro
interprete di Mastro Don Gesualdo nel 1967, non fa
altro che spingere il messaggio al limite della modernità,
creando un ibrido tra la Sicilia di fine '800 e qualsivoglia
famiglia attualmente avvezza ai ricatti e alle raccomandazioni.
La roba, una volta intesa come possedimenti terrieri,
diventa speculazione commerciale, prevaricazione sociale
e capricciosa ostentazione delle proprie doti. Il
“Mastro Don Gesualdo” è di un verismo
che supera perfino i canonici registri verghiani,
esasperando la figura del Mastro che prende in sposa
la nobile decaduta Bianca Trao così da ottenere
il titolo nobiliare di "don" e cancellare
le sue origini modeste, ma che finisce miserabilmente
oppresso tra la miseria e la nobiltà, non riconosciuto
da nessuna delle due fazioni di potenziale appartenenza,
nonostante abbia passato tutta la vita ad inseguire
onorificenze.
Encomiabile
l'interpretazione di Enrico Guarnieri nei panni del
burbero zoticone tirato a lucido e avvilito dallo
sperpero delle sue fatiche per mano altrui. Insapore
l'affiancamento di Francesca Ferro nel ruolo della
moglie Bianca: non che il personaggio così
riadattato permettesse troppa audacia interpretativa
(le battute si contano sulle dita di due mani), ma
almeno il distacco (e sdegno) intra-coniugale poteva
sicuramente farsi sentire con più veemenza
nei lunghi silenzi tra i due.
Essenziali
ed efficaci le scenografie, i cui pilastri mobili
determinavano ogni volta un ambiente diverso, senza
mai colorarsi di alcun tono. Il letto di morte, onnipresente
fin dalla prima scena, chiude la circolarità
della narrazione: dalla misera fine di Mastro Don
Gesualdo si ripercorre il trionfante inizio. Dalla
cruda realizzazione di ciò che non fu mai,
Mastro Don Gesualdo mostra ciò che sarebbe
potuto essere.
[gianluigi
cacciotti]
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Interpreti |
Enrico
Guarnieri, Ileana Rigano, Francesca Ferro, Rosario
Minardi, Vincenzo Volo, Rosario Marco Amato
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Produzione |
M&C
Produzioni
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In
scena |
fino
al 13 ottobre 2013 al Teatro Quirino | Roma
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Anno |
2013 |
Genere |
drammatico |
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