Terza
stagione consecutiva per la messa in scena del musical
Masaniello, di Tato Russo.
Che in questa storia di quattro secoli fa, il pubblico
veda qualcosa di contemporaneo? Così sembrerebbe
suggerire il libretto di Tato Russo che ci offre un
Tommaso Aniello eroe popolare attualizzato.
La storia si apre sul funerale di Masaniello, per
poi narrare l’ultimo mese di vita del pescatore
partenopeo che fu per la città “uomo
del destino”, come viene appellato più
d’una volta nel corso della rappresentazione.
Il capopopolo morì il 16 luglio del 1647, dopo
aver messo a ferro e fuoco la città intera
alla guida di una folla esasperata dal peso delle
tasse, imposte sui generi di prima necessità
dal Vicerè di Spagna, il quale si chiede: “Cosa
vuole questo popolo di intrallazzatori? Libertà?
Ma chi vuoi che gliela da? Questi qua solo i sudditi
sono buoni a fare”.
Le gabelle sulla frutta sono la goccia che fa traboccare
il vaso. Il popolo di Napoli decide di non lavorare
più e sceglie lo sciopero – non virtuale
però -. Da questo momento si susseguono dieci
giorni convulsi, nei quali si consuma rapidamente
l’ascesa e la fine, tragica e folle, dell’uomo
che entrerà nel mito cittadino. Chi è
Masaniello? Un agitatore, sfruttato dalla nobiltà
e circuito dal clero, in modo da essere asservito
a disegni ben più grandi di lui, e infine lasciato
autodistruggersi, consumato dal veleno della superbia.
I testi sono belli e coinvolgenti; se siano attuali,
questo sta allo spettatore giudicarlo.
Sulla messa in scena del musical, non si possono che
spendere parole di apprezzamento. La scenografia è
ben studiata: il fondale, grazie a un soppalco e a
giochi di luci abilmente sfruttati rende del tutto
originale l’intera impostazione scenografica.
Per il resto, gli elementi scenografici sono quelli
essenziali, introdotti agevolmente grazie alla struttura
del palcoscenico, che consente l’ingresso degli
elementi da tre livelli di profondità. I costumi
sono studiati con accuratezza, fedeli alle illustrazioni
dell’epoca: belli e ricchi quelli dei nobili,
lisi quelli del popolo, rosso il berretto di Masaniello.
Nulla è lasciato al caso in questa grandiosa
rappresentazione e le coreografie di Aurelio Gatti
per i cinquanta attori in scena completano il piacevole
impatto visivo. I testi, per lo più in napoletano,
sono tradotti su uno schermo a scorrimento.
[marina viola]