“La
malattia è un'ingiustizia senza rimedio”
Una
famiglia composta da padre, due sorelle e un fratello.
Il nucleo è unito da un dramma interno: la
morte della madre, evento che aleggia tra le quattro
mura dell'abitazione, ma che non viene quasi mai affrontata.
Giusto incastrata con finto distacco tra un dialogo
e l'altro. Ogni componente ha una sua identità
caratteriale: Maria (Emanuela Galliussi) è
schiva e silenziosa, alle prese con gli impulsi sessuali;
Marta (Iris Fusetti) ha preso su di sé il ruolo
della madre in famiglia, cercando di aiutare senza
lamentarsi dell'improprio compito; Gianni (Fausto
Paravidino) è il bambino di casa, nonostante
l'anagrafe non lo precisi; il padre Luigi (Nicola
Pannelli), malato e ormai frenato dai bisogni primari
è incapace di imporre la sua autorità.
Attorno alla 'malattia' della famiglia M ruotano Fabrizio
(Jacopo-Maria Bicocchi) e Fulvio (Pio Stellaccio),
coinvolti sentimentalmente con Maria e funzionali
alla vicenda: sono il mezzo per alleggerire la storia
e regalare una ventata di commedia degli equivoci
nel dramma. Infine a fungere da collante c'è
un medico di base (Paolo Pierobon), che introduce
i protagonisti della storia e ne chiude il racconto.
Scrive il critico teatrale Franco Quadri: “L'autore
si propone di allargare il proprio discorso all'analisi
di una famiglia nella sua completezza, dentro il contesto
di un borgo presumibilmente simile a quello dove è
nato, nell'Alessandrino, e ne delinea con bella efficacia
il disegno e i caratteri, finché non arriva
a inserirvi un equivoco da pochade o da tragedia,
comunque assai teatrale e forte di un'effettiva verità,
che sconvolge la situazione e la conduce a uno sbocco”.
Il
dolore, il rifiuto di crescere, il bisogno di liberarsi
dal fardello famigliare e la mancanza di dialogo.
Un mix di vita quotidiana si impone nel testo scritto
(a 24 anni e vincitore del Premio Candoni-Arta Terme
nella sezione opere commissionate), diretto ed interpretato
da Paravidino, che con la sua compagnia regala al
pubblico in sala un'armonia recitativa rara e coinvolgente.
Paravidino è bravo, sia come autore (i dialoghi
sono perfetti), che come regista (una compagnia ben
affiatata, con i ritmi recitativi acquisiti) ed interprete
(cambia registro con semplicità).
A voler trovare una pecca, forse il nostro eccede
nel desiderio di spiegare, mostrare e chiudere la
trama vissuta. Spesso basta una parola in meno per
regalare un'emozione in più.
[valentina venturi]