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Autore |
Molière
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Regia |
Marco
Bernardi |
Scene |
Gisbert
Jaekel
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Costumi |
Roberto
Banci
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Luci |
Giovancosimo
De Vittorio
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Coreografie |
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Musica |
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“Il
malato immaginario” rappresenta
l’ultima grande opera di Molière (1622-1673)
che morì un’ora dopo averla messa in
scena per la quarta volta. Come in ogni pièce
del grande commediografo francese, sotto la costruzione
farsesca è nascosta la satira feroce verso
il potere ignorante che opprime e soverchia. E la
medicina tradizionale, metafora di questo potere,
ne “Il malato
immaginario” viene ridicolizzata
e sbeffeggiata sia dal punto di vista linguistico
(nei latinismi, nelle formule vaghe e cialtronesche
usate dai suoi rappresentanti), che fisico (nei modi
e nelle posture dei dottori Purgon e Diarroicus padre
e figlio e nelle dimensioni dei clisteri).
A dispetto della
raffinatezza pomposa che caratterizzava l’età
di Luigi XIV, è in uno spazio disadorno che
Argante (Paolo Bonacelli), credendosi vittima dei
morbi più spaventevoli, divide le sue giornate
di ricco possidente fra una poltrona multiuso e il
gabinetto in cui lo conducono le purghe e i clisteri
che gli vengono somministrati, con interessata cura,
dal dottor Purgon e dai suoi assistenti. Il contesto
familiare in cui l’uomo è immerso è
segnato dall’irriducibile opposizione tra l’affetto
sincero della figlia Angelica, segretamente innamorata
di Cleante, ma promessa sposa al dottor Diarroicus
figlio, e l’avidità della consorte Belinda
che, da consumata attrice, dispensa al marito malato
carinerie ed effusioni finalizzate ad assicurarsene
l’intera eredità. Quando le vicende di
Angelica (e di Argante) finiscono su un piano inclinato,
l’intervento della fedele servitrice Tonina,
coadiuvata da Beraldo, fratello di Argante, ristabilirà
la pace dividendo il falso dal vero.
Dopo oltre 25
anni Paolo Bonacelli torna a vestire i panni di Argante,
nei quali sembra trovarsi pienamente a suo agio. Al
suo fianco si muovono, ben diretti da Carlo Bernardi,
l’inossidabile Carlo Simoni e l’ottimo
trio femminile composto da Patrizia Milani, Gaia Insenga
e Giovanna Rossi. La scenografia, piuttosto essenziale,
esalta l’entrata in scena dei personaggi attraverso
un passaggio a vista arricchito dai cambiamenti cromatici
delle luci.
[valerio refat]
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Interpreti |
Paolo
Bonacelli, Patrizia Milani, Carlo Simoni, Fabrizio
Martorelli, Massimo Nicolini, Maurizio Ranieri,
Giovanna Rossi, Libero Sansavini, Roberto Tesconi,
Riccardo Zini
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Produzione |
Teatro
Stabile di Bolzano |
In
scena |
fino
al 25 maggio 2014 al Teatro Eliseo di Roma
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Anno |
2010 |
Genere |
commedia |
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recensione
di fabio melandri stagione 2010/2011
E' se fosse tutto frutto dell'immaginazione di Argante,
dalla malattia agli intrighi farseschi, costruiti intorno
alla sua persona?
E' un'ardita interpretazione che emerge con forza dalla
bella messa in scena diretta da Marco Bernardi, in questi
giorni al Teatro Quirino. Il sipario si apre con l'imponente
figura di Argante (un convincete Paolo Bonacelli), addormentato
al centro della scena e sullo sfondo i protagonisti
della commedia, che dietro un velo osservano il protagonista
e gli spettatori come fantasmi che emergono lentamente
dall'ombra, per tornarci con la medesima costruzione
scenica nel finale della commedia. Una cornice di grande
effetto grazie alle sapienti luci di Giovancosimo De
Vittorio e le scene (spoglie, essenziali, piene di dettagli
che letteralmente costruiscono l'insieme) di Gisbert
Jaekel al servizio di un testo pieno di spunti comici,
dietro i quali emerge la rappresentazione di un mondo,
di modi di fare e ragionare assai contemporanei.
Ultima opera del commediografo francese, morto in scena
alla quarta replica della commedia nel ruolo del protagonista,
"Il malato immaginario" è una perfetta
macchina di risate, in bilico tra farsa e satira ma
con un filo di malinconia che la percorre interamente
ed emerge (e sparisce), come un fiume carsico in maniera
tanto improvvisa.
Un continuo gioco tra realtà e finzione, sogno
ed immaginazione, con tracce meta-teatrali (l'autore
che si cita sbeffeggiandosi), esaltate da una compagnia
perfetta in tutti i ruoli, con richiami alla commedia
dell'arte di stampo goldoniano nei costumi e maschere
di Roberto Banci, che eleva il testo al di sopra delle
Alpi, per renderlo globalizzante.
Il testamento morale di Moliere oggi è la testimonianza
preziosa di un'arte teatrale votata all'eccellenza,
messa in scena con un gusto antico, all'interno di uno
spirito di estrema modernità. |
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