|
Anno
2011
Genere
commedia
In
scena
dal 22 novembre al 4 dicembre 2011
Teatro Due, Roma
|
Autore |
Carlotta
Corradi |
Regia |
Carlotta
Corradi |
Scene |
Gaia
Mussi |
Costumi |
Silvia
Nurzia |
Luci |
Maximiliano
Lumachi |
Musica |
Radiosa Romani |
Interpreti |
Elisa
Alessandro,
Claudia Mei Pastorelli, Paola Sambo,
Michelangelo Tommaso |
Produzione |
Quattroquinte |
|
I
tre strati di rossetto vorrebbero essere una metafora della
vita di Bianca, una giovane ragazza che sta per sposarsi ma
che non ha ancora ben chiaro il perché. “Lipstick”
parte proprio dal trucco della sposa per raccontare le insicurezze,
i dubbi e le angosce che colgono la protagonista pochi minuti
prima della cerimonia. Da subito appare evidente che si tratta
uno spettacolo giocato sugli eccessi, sulle caricature e sulle
esagerazioni. Così come sono tre gli strati di rossetto,
tre sono le donne che si spartiscono la scena e i cambi d’abito,
che sorseggiano tè e che spacchettano scatole. Bianca
è Elisa Alessandro: una sposa bambina un po’ troppo
bimba obbediente e dal tono perennemente sottomesso (è
un’esasperazione del personaggio?). Elena è Claudia
Mei Pastorelli, truccatrice omosessuale irrigidita nella postura
e nell’intenzione (è un’esasperazione del
personaggio?). La mamma è Paola Sambo, dalla quale ci
si aspettavano sfumature meno caricaturali e maggiore mestiere
nell’interpretare una mamma padrona, ossessiva e prepotente,
mai capace di slanci d’amore neanche nel momento della
riconciliazione (è un’esasperazione del personaggio!).
A fare da filo conduttore la voce maschile di Michele il futuro
sposo (Michelangelo Tommaso), che cerca di tenere insieme i
personaggi e di condurre lo spettatore verso l’epilogo.
“Lipstick”
pecca di presunzione: una storia che, proprio come semplice
concatenazione di avvenimenti, non ha nessun lampo di originalità
e non ne possiede neanche nella regia. Carlotta Corradi, autrice
e regista, sembra perdersi all’interno del suo stesso
testo, senza trovare appigli a cui aggrapparsi e a cui far
aggrappare uno spettacolo che risulta essere elementare nella
messa in scena, poco curato nell’allestimento (nonostante
i numerosissimi cambi d’abito!) e confusionario nel
complesso.
[patrizia vitrugno]
|