Le
segreterie di Giulietta rispondono sempre, scrivono
a qualsiasi ora del giorno, hanno una parola per tutti
e una soluzione per ogni problema. E non importa se
vi trovate in Cina o sulle Ande, in Antartide o in Texas:
la posta di Giulietta arriva e riparte da ormai quarant’anni.
Quella che ci racconta Cynthia Storari in “Lettere
d’amore scritte a mano”
è un’idea bizzarra oltre che vita reale.
Nata per celebrare l’anniversario della fondazione
del “Club di Giulietta” a Verona, la pièce
è il racconto insolito di come due coniugi, interpretati
da Marta Meneghetti e Solimano Pontarollo, si ritrovino
ad allestire una mostra per l’evento. La scena
si compone con la descrizione delle persone esistite
attorno al Club: le lettere scritte negli anni Sessanta
e le testimonianze di chi dal Vietnam ha pensato a Giulietta
prima di morire. Quasi una relazione surreale, in cui
il testo si costruisce con la corrispondenza epistolare
autentica e i brani di Lord Byron, Alessandro Baricco
e Fiamma Satta.
Il busto bronzeo di William
Shakespeare, le centinaia di letterine colorate e
una deliziosa cassetta rossa della posta: ecco gli
oggetti veri prestati alla scena. Oltre alla vita
sentimentale di chi ha imbucato le lettere, nel testo
si percepisce la passione per il drammaturgo inglese
che l’autrice ha coltivato fin da piccola. Nelle
lettere della gente e nella stessa Storari, c’è
il desiderio di guarire da qualcosa, che sia dalle
pene d’amore o dal male di vivere: rivolgendosi
a un personaggio immaginario si viene confortati,
si è salvi, come colei che la salvezza l’ha
rintracciata nei pentametri giambici della poesia
inglese.
Ma
il teatro dov’è? In Giulietta, personaggio
consacrato come figura mitizzata dai poteri demiurgici?
Nel busto di bronzo del caro vecchio William? Nella
proiezione cinematografica del film di Franco Zeffirelli?
Più simile ad una promozione del Circolo veronese
che a una rappresentazione scenica vera e propria,
il teatro si avverte a tratti. Negli attori che hanno
imparato un copione alla perfezione, nell’idea
innovativa del testo che doveva forse osare di più
con i personaggi e nei cambi luce che accendono e
spengono il tempo drammatico. I due interpreti ricalcano
bene i ruoli assegnati, nonostante la debolezza drammaturgica.
La loro è la naturale narrazione dello sviluppo
del fenomeno “Club Giulietta”, attorno
al quale si è costruito tanto fascino ma poco
spettacolo. [serena
giorgi]