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Anno
2011
Genere
commedia
In
scena
-
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Autore |
Georg
Buchner |
Regia |
Rita
De Donato |
Scene |
Bruno
Buonincontri |
Costumi |
Bartolomeo
Giusti |
Luci |
Sergio
Ciattaglia |
Interpreti |
Viola
Carinci (Lena), Cecilia D’amico (Re Pietro), Luciano
Falletta (Il Presidente, il cerimoniere), Alige Pagotto
(La Governante), Marco Palvetti (Leonce), Remo Stella
(Valerio), Jacopo Uccella (Il Maestro, il Cameriere,
il Predicatore)
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Compagnia |
Accademia
Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico |
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C’era
una volta, in un tempo indefinito, il principe Leonce, che doveva
maritarsi con la principessa Lena; non volendo accontentarsi
della scelta del padre, il re Pietro, Leonce decide di fuggire;
anche la principessa fugge. I due si ritrovarono nelle loro
fughe. E vissero felici e contenti. Il testo di Georg Buchner
è stato scelto da Rita de Donato come saggio di diploma
del corso di regia dell’Accademia Silvio D’Amico.
“Leonce e Lena”
è molto profondo nell’analizzare il doppio che
alberga in ogni individuo, il ruolo e la verità di sé;
talvolta però il discorso si perde nel desiderio della
regia di provare tutto, ad esempio nella scelta di inserire
una scenografia con dei fori da cui escono oggetti, attori,
movimenti, immagini proiettate. Bene, ma come far integrare
queste trovate con la scena principale, bianca, abbacinante,
in cui gli attori seppur con dizione curata, si muovono goffamente
quasi a scontrarsi?
Viste le premesse ci si aspetterebbe di più da una giovane
regista: non nella precisione, ma nella sperimentazione. Le
Coq, Peter Brook, Peter Stein, Pina Bausch, Emma Dante in tempi
più recenti hanno mostrato fino a dove si può
spingere la regia teatrale, sperimentando forme nuove, sintetizzando
elementi di arti diverse quali musica, danza, televisione e
cinema, senza mai dimenticare la comunicabilità con il
pubblico.
L’unica eccezione è Cecilia D’Amico (Re Pietro):
in lei corpo, dizione e interpretazione sono fusi in un’unica
maschera, quella del dittatore con discorsi altisonanti e le
braghe calate. Esilarante. Manca la scelta registica, giusta
o sbagliata che sia, che denoti uno stile, magari acerbo, in
controluce. Non ci sono né armonia né dissonanza,
assente un filo comune che unisca il tutto. Se non si osa in
una scuola dove?
[deborah ferrucci]
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