Autore
Gianni Clementi
Regia
Marco Mattolini
Scene
Andrea Stranisci
Costumi
Andrea Stranisci
Luci
Coreografie
Musica
 Lucio Gregoretti
Roma 1943. Un modesto ladro e truffatore, Tito, abituato a inventarsi la vita, esce dal carcere, dopo aver scontato l'ennesima pena. Non può tornare a casa perché sulle sue tracce c'è un usuraio, noto per la crudeltà. Decide quindi di rifugiarsi nella catapecchia di Oreste, amico d'infanzia, che lavora come operaio nelle fornaci di Valle Aurelia. Tito deve assolutamente trovare al più presto dei soldi, per placare l'ira del "cravattaro". Conosce casualmente una ricca zitella ebrea, Rachele, che vive da sola in un appartamento lussuoso del ghetto. Sarà lei la vittima prescelta. Tito la corteggia e, dopo un'estenuante resistenza della donna, riesce finalmente ad entrare nelle sue grazie. Tutto sembra filare per il verso giusto quando la mattina del 16 ottobre 1943, il ghetto viene scosso dal rastrellamento nazista...

Alla vigilia del memoriale di quella tragica giornata per gli ebrei romani, debutta sulle tavole del Teatro Ghione “Ladro di Razza” scritto da Gianni Clementi, diretto da Marco Mattolini con protagonisti Massimo Dapporto nel ruolo di Tito, Blas Roca Rey in quello di Oreste e Susanna Marcomeni in quello di Rachele. Costruito con echi da cinema neorealista con scene, costumi e musica “alla maniera di...”, il racconto procede in maniera schizofrenica tra dramma e commedia, leggerezza ed impegno, rispecchiando la medesima scenografia “divisa in due” tra la povertà delle due tavole ed un architrave della dimora di Oreste ed il lusso (per il solo fatto di avere il bagno in casa) della casa di Rachele nel ghetto. Una sorta di anima divisa in due del racconto, incapace di miscelarsi con le giuste proporzioni, impossibilitato a ritrovare unità fluida e convincente a causa anche (ma non solo) di una recitazione sottotono da parte di Susanna Marcomeni, troppo urlata di Blocas Rey, troppo citazionista (Alberto Sordi, Vittorio Gassman) di Dapporto. Tra i tre è comunque quest'ultimo a convincere maggiormente, strappando risate ed applausi al pubblico in sala.

Costruito secondo un chiaro indirizzo di cattiveria e sopraffazione da parte dei personaggi maschili, con le belve pronte ad azzannare l'indifesa preda, il finale percepito “sin troppo buonista” nella sua drammaticità, stravolge e stride in maniera fastidiosa, lasciando una macchia di perplessità difficile da cancellare. Lodevoli le intenzioni dell'operazione, a fronte di una realizzazione che lascia più di qualche dubbio.
[fabio melandri]

Interpreti
Massimo Dapporto, Susanna Marcomeni , Blas Roca Rey
Produzione
Mind Production e Simone Giacomini
In scena
fino al 27 ottobre al Teatro Ghione | Roma
Anno
2013
Genere
drammatico