Possibile
far convivere comico e drammatico? E’ quanto ha
cercato di fare l’attore e regista Pino Quartullo
nel suo nuovo spettacolo La famiglia
Lo Cicero, composto, da due atti unici, uniti
da un filo conduttore: la famiglia.
“Da alcuni anni – racconta il regista -
stavo pensando di raccontare come siamo cambiati in
assoluto mediante la storia di una famiglia italiana:
perdita totale dei valori, degenerazione dei ruoli,
la sconfitta del pudore e del buon gusto, e avrei voluto
articolare il confronto tra il come eravamo e il come
siamo diventati, attraverso uno spettacolo in due atti;
due momenti storicamente lontani di una stessa famiglia.
Rappresentando una piece fine ‘800: La
Gabbia di Lucien Descaves (appartenente al repertorio
del teatro del Grand Guignol, del 1898) in cui si vede
una famiglia borghese divenuta povera, ridotta allo
stremo, incapace di rassegnarsi ad un livello di vita
modesto, che decide di uccidersi in massa. Seguita da
un atto ancora da scrivere, che raccontasse una famiglia
di oggi, composta da disoccupati contemporanei, povera
e ridotta allo stremo ma senza rinunciare a mantenete
un’apparenza da ricchi, mentendo ed accettando
compromessi, senza più dignità.”
Così è nato il secondo atto L’irresistibile
ascesa della famiglia Lo Cicero, scritto dallo
stesso Quartullo e da Giuseppe Sorgi, componente de
Il Gruppetto composto anche da Emanuela D’Antoni,
Giorgia Lo Grasso, Rosario Terranova. Una famiglia non
ricca, incollata costantemente alla realtà virtuale
emanata dallo schermo televisivo che campeggia nelle
vite ma anche nelle essenziali scenografie di questo
atto. “Io esisto perché appaio” E’
il motto della famiglia Lo Cicero, capace di una traslazione
di valori per cui la realtà è data dalla
rappresentazione, dove senza apparire non c’è
possibilità di essere.
Il tutto volto in chiave grottesca, con un grande senso
del ritmo e dei tempi comici grazie ad una regia asciutta
ed essenziale che concentra la propria attenzione su
un gruppo fantastico di attori. Il Gruppetto nasce nel
1995, lavorando sempre in bilico tra la teatralità
della commedia e i ritmi del cabarèt. “Col
passare degli anni – racconta Giuseppe Sorgi -
è diventata sempre più consapevole la
volontà, sia nel gruppo che in me (come autore),
di dare spessore e contenuti al cabaret, contaminandoli
con la struttura e i tempi della commedia. Lavorare
su personaggi-tipi a tutto tondo, sviluppando ognuno
il proprio clown, recuperando il percorso di maschere
della commedia (dalla commedia dell’arte fino
a Totò ed Aldo, Giovanni e Giacomo) mantenendo
un
occhio, il più attento possibile, a cosa sta
cambiando nella nostra società.”
Il risultato è stupefacente. Sia nell’ambito
drammatico che in quello comico, il Gruppetto riesce
ad essere sempre credibile e verosimile, tanto che per
lo spettatore è facile innamorarsi dei loro anche
più infimi e cattivi personaggi.
Se proprio un difetto vogliamo trovarlo è nella
troppa insistenza di alcune gag, un poco ripetitive,
che costellano il secondo atto. Un’insistenza
forzata per sottolineare concetti ben espressi precedentemente
e puramente funzionali per allungare le risate, a ripetizione,
del pubblico.
Si ride di gusto, ma spesso il sorriso si tramuta in
amara constatazione di una realtà che tolti gli
orpelli della rappresentazione teatrale, mostra tutta
la sua drammaticità nella vita quotidiana. Ecco
un esempio di divertimento intelligente. [fabio
melandri] |
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