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Anno
2013
Genere
drammatico
In
scena
fino al 21 aprile 2013
Teatro dell'Orologio | Roma
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Autore |
Wajdi
Mouawad |
Adattamento/Traduzione |
Francesca
Moccagatta |
Regia |
Giuseppe
Roselli |
Scene |
Ciro
Paduano,
Alessandra Muschella |
Costumi |
Ciro
Paduano,
Alessandra Muschella |
Luci |
Marco
Scattolini,
Simona Parisini |
Musica |
Maurizio Farina |
Interpreti |
Marco
Lorenzi,
Barbara Mazzi |
Produzione |
L'albero
Teatro Canzone |
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Il
viaggio nella vita di John
comincia nel foyer del Teatro dell'Orologio. Una donna, Jeanne,
legge alcuni passi da un diario: pochi pensieri sensati, molti
illogici... Eppure quelle parole ci raccontano di John, suo
fratello minore. Un ribelle sedicenne, in lotta contro il mondo,
afflitto da un dolore esistenziale così forte da annullare
ogni effetto consolatorio della musica. Lo si intravede nell'intimità
della sua stanza, mentre attraverso un armadio (quale efficace
separazione scenica tra i due ambienti domestici), si arriva
alla sala grande del teatro. Al termine del percorso itinerante,
si giunge in un luogo dove ogni norma gravitazionale sembra
essere infranta: un divano sul soffitto e un tavolino inclinato,
sedie accatastate e una scia di battenti della credenza che
volano fin sopra il soffitto. Un luogo a metà strada
fra il ricordo e la realtà, dove prende vita la consapevolezza
della perdita. John, sopraffatto dal dolore, sceglie di suicidarsi.
Lo fa senza alcun apparente preavviso, lasciando come testimonianza
postuma un video-messaggio indirizzato alla famiglia. Rivela
che il suo è un gesto estremo, ultimo tentativo per sopire
un insanabile malessere di vivere. Una condanna a lungo termine,
considerata la giovane età.
Giuseppe Roselli mette
in scena "John",
spettacolo di notevole impatto emotivo e ricalca le dolorose
introspettive del testo di Wajdi Mouawad. Non un violento
elogio del dolore, ma una lenta digressione che muove i primi
passi insieme a John, cresce nell’intimo mentre latita
agli occhi di un mondo inconsapevole di tale bagaglio oscuro.
E si trascina con sé ogni gioia di vivere, ogni piacere
fanciullesco: dalla preparazione dei biscotti alle corse tra
i mobili di casa, passando per felpe nere, musica rock e fazzoletti
sparsi in ogni dove. Un buco nero che si mostra fin troppo
reale nella finzione, che avvolge gli spettatori senza risparmiarne
le certezze. L'ottima performance di Barbara Mazzi rimane
addosso come acqua piovana e il dubbio urlato al cielo su
quando sia effettivamente iniziata la morte psicologica di
John è il fulmine a ciel sereno che non vorremmo scorgere
nelle serate di tarda primavera, poco prima che la vita vera
cominci a bussare alla porta.
[gianluigi cacciotti]
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