La
dolcezza dell’amore di Maria Maddalena (Simona
Bencini); il senso di colpa di Giuda (Matteo Becucci);
la leggerezza di Erode (Max Gazzé); la solitudine
di Gesù (Paride Acacia). Sono questi i temi
principali della versione di Massimo Romeo Piparo
del musical “Jesus Christ
Superstar”, scritto dal duo inglese Andrew
Lloyd Webber e Tim Rice del 1970 versione hippie degli
ultimi giorni di Cristo prima della Crocefissione,
accompagnato da un gruppo di ragazzi che vedono in
lui la speranza, il futuro.
Com’è
Gesù nella versione del regista italiano? È
un rivoluzionario dimesso, introverso, con una voce
che rispetta lo stile anni ’70, convincente
nei brani musicali lenti, meno potente nei brani rock,
come nell’opera originale in cui il vero protagonista
è Giuda (il bravo Becucci), potente, sofferto,
quasi artista maledetto, che si concede con generosità
al suo personaggio fino alla fine. Maria Maddalena
ha una voce calda, soffice, è il simbolo dell’amore
come momento di pausa dalle sofferenze, da un destino
tragico che si sta per compiere, la sentenza di morte
di Cristo. Max Gazzé con la sua interpretazione
porta leggerezza e gioco all’opera. Infine il
musicista siciliano Mario Venuti, che propone una
versione intimista di Pilato, più da cantante
che da attore di musical.
Le
premesse per fare un musical di impatto c’erano
tutte: una storia importante e terribilmente attuale,
la venuta di un Messia in grado di coinvolgere le
masse, artisti bravi, grandi scenografie, l’orchestra
dal vivo. Eppure lo spettacolo risulta freddo, non
cattura, manca l’armonia tra le varie parti
della storia, collante fondamentale per il pubblico
italiano che non conosce i testi. Persino lo spazio
scenico è penalizzato dalla presenza dell’orchestra
sul palco.
La
scelta registica di privilegiare le individualità
artistiche, a discapito della coralità, toglie
forza alla storia. Nonostante il tentativo interessante,
ma slegato dal resto dello spettacolo, di proiettare
le immagini delle vittime delle ingiustizie e delle
grandi figure spirituali del secolo passato, il musical
perde d'impatto. Perché non cambiare la prospettiva
dell’opera originale e trasformare Gesù
in un rivoluzionario che mostri il valore del bene?
[deborah
ferrucci]