E’
il 1935, siamo in Inghilterra. In casa Birling si
festeggia il fidanzamento della giovane Sheila con
Gerald Croft, erede di un ricco industriale. Sotto
la debole luce notturna del giardino di casa, in un’atmosfera
ovattata che tuttavia non lascia presagire nulla di
buono, si consuma la finta felicità di una
famiglia piena di lati oscuri.
E’
la vigilia della Seconda Guerra Mondiale ma nessuno
sembra volere ammettere che un conflitto possa intaccare
lo status acquisito dal padrone di casa: industriale
di successo, non nobile certo, ma prossimo a ricevere
una qualche onorificenza dalla famiglia reale, in
modo da rendere la figlia ancor più degna delle
nozze con il giovane Gerard. Solo il figlio Eric,
sfaccendato ubriacone, sembra possedere una sorta
di scrupolo morale, un senso di ribrezzo verso la
filosofia di vita dei propri genitori che, intenti
ad elevare la propria condizione, manifestano disprezzo
e disinteresse nei confronti di qualunque individuo
si frapponga tra loro e il raggiungimento dei propri
scopi. “Un uomo deve pensare esclusivamente
al proprio interesse - lo istruisce infatti il padre
- senza riguardo per come ciò possa influire
sulla vita altrui”. Ma il momento di fare i
conti con la coscienza non è lontano: un ispettore
di polizia bussa alla porta, dicendo che una giovane
donna si è suicidata per colpa di qualcuno
di loro.
Da
qui si dipana la matassa che porterà a rivelare
il responsabile o i responsabili del gesto disperato.
Alla fine si tratterà di stabilire se sono
tutti colpevoli o tutti assolti. E’ una questione
morale ed è il sale di questa pièce
teatrale scritta da John Boynton Priestley e connotata
da una forte denuncia sociale sulla condizione operaia
e sullo sfruttamento degli industriali. Loro sono
i “cittadini rispettabili”: “Ma
dove starà il confine tra loro e i criminali?”
si domanda l’ispettore Goole, uno strepitoso
Paolo Ferrari che in questa rappresentazione incarna
la coscienza di ognuno.
La
scelta delle scene quali un esterno fisso per entrambi
gli atti, l’uso del fumo per rendere la nebbia,
le luci basse e i movimenti, spesso lenti ed esasperati,
degli attori sono stratagemmi validissimi, che contribuiscono
a raccontare un conflitto di coscienza, il senso di
colpevolezza e il desiderio pressante dei protagonisti
di assolversi. A ciò si aggiungono un ritmo
serrato di colpi di scena e un interessante uso del
forward, meccanismo tipico del cinema e desueto in
teatro, che tengono alta l’attenzione e la tensione.
Non certo ultimo è il merito degli attori,
tutti e sette ben calati ciascuno nel suo ruolo e
affiatati. Buono il risultato finale del lavoro. [marina
viola]