La
luce e l’ombra protagoniste dell’arte
pittorica di Caravaggio sono al centro di questa intervista
tra passato e presente tra una giornalista di oggi
(Laura De Luca) e il grande artista seicentesco (Antonio
Avallone). Sullo sfondo scorrono le immagini dei grandi
capolavori dell’artista che ha segnato l’inizio
della modernità nella pittura, nell’uso
della luce con effetti fotografici, nel cogliere l’istante
del gesto di personaggi presi dal popolo, santi e
madonne con i piedi sporchi e con espressioni reali,
figure incontrate per strada o nelle taverne.
Tra
i due protagonisti incombe la voce fuori campo e poi
in scena dell’ombra (Roberto Herlitzka), lo
scuro, il nero, quella voragine da cui prendono vita
la luce e le figure di Caravaggio. L’ombra nasconde
ciò che l’uomo ignora e che lo salva,
per questo è il luogo dell’amore. Luci
e ombre, sacro e profano, tenebre dell’animo
umano e Dio sono i temi evocati dalla giornalista
per tentare di carpire al maestro i segreti della
sua arte pittorica. Il Caravaggio di Avallone risponde
infastidito alle domande, si sente un perseguitato,
è arrabbiato perché a volte incompreso.
“L’artista non nasce mai” vive come
dentro un guscio separato dal resto del mondo, esprime
una rabbia costante che poteva essere alternata al
tormento intenso ma inevitabile dell’artista
che crea.
Avallone
sceglie un unico registro. Peccato. Le variazioni
interpretative facilitano l’immedesimazione,
rendono il personaggio più autentico, meno
recitato. La giornalista esprime più la curiosità
di un’ammiratrice del genio che quella della
cronaca, dell’elencazione dei fatti. Il ritmo
è incalzante, fondamentale per uno spettacolo
letto e recitato. Interessante l'introduzione di pezzi
di danza per visualizzare il gioco delle luci sui
corpi in movimento, come l’artista faceva sulla
tela.
Sarebbe
stato più armonioso e coinvolgente senza leggii,
eliminando la lettura del testo in favore dell’interpretazione
e rendendo più chiaro, anche nella scelta dei
costumi, il contrasto tra l’antichità
rappresentata da Caravaggio e la modernità
della giornalista. Una scelta di questo tipo avrebbe
evidenziato la distanza temporale e umana tra i due.
Su
tutti spicca Roberto Herlitzka. Bravissimo, assapora
le parole e le pause, trattenendole, pesandole, e
ridandole chiare e profonde al pubblico. “Come
speciali sorsate esoteriche” direbbe la poetessa
Emily Dickinson. La calma delle emozioni. Il contenuto
dello spettacolo c’è, andrebbe rivista
la forma.
[deborah
ferrucci]