Due
uomini colti, garbati e gentili, tessono una trappola
enigmatica per investigare la natura della mente umana.
Oggetto dell’intrigo la “proprietà”
di una donna che entrambi dicono di amare e che apre
una partita di inganni, trucchi, invenzioni, mistero
e cinismo, nell’ironica tenzone drammaturgia
fra due mattatori della scena italiana, Glauco Mauri
e Roberto Sturno.
Tratto
da “Sleuth”,
testo teatrale del 1970 firmato da Anthony Shaffer
e reso celebre da due trasposizioni cinematografiche,
la commedia trattiene le tecniche tipiche del romanzo
giallo, il clima di criminalità, l’atmosfera
da thriller psicologico, la suspense da farsa tragica
ed ancora l’aria beffarda alla Pinter e l’impeto
furente dai tratti sofoclei. Ma non solo. “L’inganno”
è soprattutto una casa di travestimenti, di
enigmi, di indovinelli per celare apparentemente le
contraddizioni dell’anima e la sua duplicità,
per velare superficialmente la struttura umana e l’inutilità
del farsi del male. Un incessante gioco tra verità
e finzione che lascia in bilico lo spettatore per
l’intera durata dello spettacolo. Evidenza e
falsità si confondono in un incontro-scontro
che lascia al pubblico il vero ruolo dell’investigatore,
continuamente convocato a decidere chi sia la vittima
e chi il carnefice, a svelare “L’inganno”.
Glauco
Mauri è l’irresistibile uomo maturo che
gioca con la vita per non annoiarsi. E nella sua casa
dai mille trabocchetti, offre trucchi imbrogli equivoci,
facendo della solitudine un’invenzione grottesca,
tanto da creare un omicidio vero. Roberto Sturno,
il ladro di mogli, conserva i segni delle fatiche
del proletario che ha tentato di affrancarsi lottando
con la quotidianità della vita e che, di fronte
alla ricchezza proposta dal ricco Andrew, non può
che accettarne le condizioni. Per “1 milione
di sterline. Esentasse. In contanti”, accetta
di travestirsi da clown per non essere riconosciuto
mentre entra in casa simulando una finta rapina e
iniziando così a giocare un gioco: “furto
con scasso”. Sul palcoscenico si svolge un cortocircuito
tra realtà e menzogna, tra vita e teatro, tra
verità e falsità nonostante il dialogo
tra i duellanti continui nella perenne finzione, fino
a trovare amarissima conclusione nell’ultimo
inganno che conduce alla morte di uno dei due: poetico
finale per “affrontare e giocarsi la vita”.
[alice
piano]