“In
Bianco” è il totem dell’amicizia
di tre donne, una scultura costosa comprata dalla
collezionista di uomini sposati (Maria Bighinati),
condivisa con l’insegnante che si sta per sposare
(Rosalba Battaglia) e la maniaca della corsa e dello
sport, mentale e un po’ contorta (Chiara Ricci).
Ci
sono tante chiacchiere al femminile, i vestiti, gli
uomini, le telefonate nel cuore della notte per avere
una parola di conforto; alleanze che si creano, si
sciolgono, si ricompongono.
Alla fine si comprende
il perché: le donne si esprimono nel dialogo,
nel bene e nel male, covano piccoli rancori e invidie
per le amiche più esuberanti ed esagerate,
fanno fatica a dirselo per paura di perdersi, si allontanano
ma poi si ritrovano, non sanno fare a meno dell’amicizia
e di quelle “chiacchiere”, perché
è proprio su quel terreno che si confrontano,
si scontrano, crescono, esattamente come gli uomini
fanno negli spogliatoi o davanti a una partita di
calcio. La bellezza dello spettacolo è proprio
nella relazione tra le tre protagoniste, nelle dinamiche
che scattano tra loro. Non importa cosa facciano o
cosa accada loro: la trama non è fondamentale,
è quella matassa di fili che le uniscono a
creare una trama, a preparare il finale.
Una colonna sonora ideale
per questo spettacolo potrebbe essere la canzone di
Fiorella Mannoia “Quello che le donne non dicono”,
anche se un po’ malinconica rispetto allo spirito
un po’ folle e giocoso della commedia. Molto
interessante la trovata della regia di proiettare
sullo schermo le scene in esterno, creano movimento
e ritmo, spezzano il flusso delle chiacchiere, che
potrebbe diventare un po’ tedioso alla lunga.
Strana invece la scelta dello sfondo newyorchese,
quasi incomprensibile in un contesto di battute sulle
differenze geografiche così italiane.
Le
interpreti Chiara Ricci, Maria Bighinati, Rosalba
Battaglia sono egualmente convincenti, ma forse la
Bighinati è la più vera, più
personaggio, nelle parole come nel corpo, ironica
e morbida. Bel
ritratto d’interno al femminile.
[deborah ferrucci]