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Autore:
Henrik Ibsen |
Adattamento:
Elena
Bucci, Marco Sgrosso
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Regia:
Elena Bucci, Marco Sgrosso |
Scene:
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Luci:
Maurizio Viani |
Costumi:
Ursula Patzak |
Compagnia:
Gruppo teatrale Belle Bandiere |
Produzione: CTB
- Teatro Stabile Di Brescia, Belle Bandiere, con il sostegno
del Comune di Russi |
Interpreti:
Elena
Bucci, Maurizio Cardillo, Roberto Marinelli, Salvatore
Ragusa, Giovanna Randi, Marco Sgrosso, Elisabetta Vergani |
Anno
di produzione:
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Genere:
dramma |
In
scena:
Dal 2 Al 6 Aprile al Teatro di Roma – India.Tutti
I Giorni Alle 21,30. La Domenica Alle 18,00. Telefono:
06.6840346. Biglietteria Teatro India: Lungotevere Dei
Papareschi 1, Roma. Apertura Botteghino Un’ora
Prima Dell’inizio Degli Spettacoli. Telefono:
06.5530089. Biglietto: 15 E Ridotto 12. |
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Al
Teatro India di Roma, fino al 6 aprile, è di
scena un classico del teatro, la vicenda di Hedda
Gabler (ELENA BUCCI), con l’allestimento della
compagnia CTB - TEATRO STABILE DI BRESCIA. L’intera
storia è dominata dalla tormentata figura della
donna ibseniana: sposata senza troppa convinzione
a Jørgen Tesman (MARCO SGROSSO), borsista di
storia della civiltà che aspira a diventare
docente universitario, Hedda è incinta, ma
preferisce tenere per sé la notizia, a causa
della sua profonda e incolmabile infelicità.
Il passato, infatti, è pieno di rimpianti,
come l’amore rinnegato per Lovborg (ROBERTO
MARINELLI).
Lo spettacolo inizia con l’intera compagnia
seduta sullo sfondo, che “descrive” l’ambientazione
e i rapporti tra i vari personaggi. La scena è
scarna, essenziale: qualche sedia che viene spostata
durante la rappresentazione e dei bicchieri. Per il
resto gli attori si muovono lungo linee immaginarie
che delimitano lo spazio, il ring umano. Hedda e Jørgen
sono appena tornati da un viaggio di nozze lungo mesi
e proprio nell’interno domestico della loro
casa s’intrecciano i destini dei personaggi.
Oltre a Tesman, Lovborg e Hedda, interagiscono l’assessore
Brack (MAURIZIO CARDILLO), con cui Hedda si confiderà,
la zia di Tesman (GIOVANNA RANDI) e Thea Elvsted (ELISABETTA
VERGANI), che ha scelto di abbandonare la famiglia
per amore di Lovborg. Lovborg, l’amante di Hedda,
conosciuto da tutti per i trascorsi da bohemien, ritorna
in città dopo un lungo lavoro letterario: vuole
concorrere alla stessa cattedra di Tesman e, questione
della massima delicatezza, ha con sé un prezioso
manoscritto, un testo che ipotizza una teoria del
futuro e che gli porterà fama e riconoscimenti.
Per un insieme di casualità l’opera finisce
nelle mani di Hedda, che decide di bruciare il manoscritto
e spingere Lovborg al suicidio. Solo dopo aver saputo
della morte dell’ex amante, si toglierà
la vita anche lei, ormai incapace di lottare.
La regista, nonché protagonista, Elena Bucci
(in scena con un sinuoso abito color prugna) ha così
definito la chiave di lettura della sua messa in scena:
“Il capolavoro di Ibsen ci porta in un ambiente
apparentemente tranquillo, ma scopriamo che niente
è quello che appare. I soldi non bastano, l’amore
non c’è o viene eluso, si scatenano invidie
e rivalità, tornano a bruciare passioni che
sembravano domate dalla ragionevolezza e dal buon
senso. Per ben due volte risuona la battuta “queste
cose non si fanno”: non si dà scandalo,
non si dice la verità e non si vive secondo
il proprio sentire. Lo spazio scenico cerca di fare
la spietata sincerità del teatro: non c’è
nessuno degli oggetti nominati, nessuna villa, nessun
salotto. I dialoghi, spesso a due, a volte a tre,
sembrano svolgersi in una casa trasformata in elegante
ring. Questi personaggi rivelano nel duello una dimensione
che li avvicina per un attimo ai miti delle grandi
tragedie o dei racconti popolari, ma si ritraggono
poi nel momento dell’azione decisiva che li
trasformerebbe, se non in eroi, almeno in protagonisti
della loro stessa vita”. Hedda, figura femminile
moderna e dilaniata, descritta da Henrik Ibsennel
nel 1890, alla fine del suo dramma cerca “coraggio,
se potessi avere coraggio...”.
Uno spettacolo è scaro, teso, dominato dai
tempi recitativi stretti e senza intervalli, con una
scelta musicale molto interessante. Il finale dominato
dalle note di En el ultimo trago di Chavela
Vargas. è in netto contrasto con l’opera,
eppure azzeccato. La storia del teatro si rinnova,
senza smentirsi.
[valentina venturi]
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