Da
Milwaukee ai teatri italiani “Happy
Days” - il musical della Compagnia della
Rancia ispirato al telefilm cult degli anni ’80, che ha
già conquistato più di 80.000 spettatori in 35
città italiane - conclude il fortunato tour 2011/2012
a Roma.
La serie tv "Happy
Days" nacque il 15 gennaio 1974, sull'onda del successo
di pellicole come “American Graffiti”, che con
i suoi 255 episodi da 24 minuti, ambientati tra il 1954 e
il 1964 - con uno scarto di vent’anni tra il tempo dell'azione
e quello di programmazione - termina nel 1984. In Italia la
prima puntata viene trasmessa l'8 dicembre 1977.
La serie racconta un'America
carica di sogni e di speranze, attraverso un'atmosfera allegra
e spensierata, senza dimenticare i solidi valori morali. Il
perno della serie erano le vicende quotidiane di una tipica
famiglia borghese, i Cunningham.
Ora, la versione italiana
del musical realizzata sotto la guida di Saverio Marconi,
lavorando su un’italianizzazione della struttura dello
spettacolo, tenta di mantenere intatto lo “spirito”
di quei pomeriggi spensierati davanti alla tv. La trama è
un puro pretesto per vedere sul palco Howard il capofamiglia
(Giovanni Boni), la moglie Marion (Sabrina Marciano) casalinga
perfetta e i loro due figli Richie (Luca Giacomelli) e Joanie
"sottiletta" (Maria Silvia Roli). Intorno a loro
una coorte di personaggi di come Fonzie (Riccardo Simone Berdini)
il meccanico dai capelli impomatati, giubbotto di pelle e
canotta bianca, capace di attirare l'attenzione schioccando
le dita e usando la semplice esclamazione “Hey”;
o Ralph (Davide Nebbia), Potsie (Gioacchino Inzirillo), Chachi
(Alessandro Lanzillotti), Alfred (Michele Renzullo) e Lori
Beth (Silvia Contenti).
Purtroppo il risultato
è assai deludente, nonostante l'entusiasmo messo in
opera dalla compagnia tutta. La continua ricerca di apprezzamento
e le strizzatine d'occhio al pubblico compiacente sono un
viziaccio che il teatro italiano tarda ad abbandonare, imbarocchendo
la trama esilissima con ammiccamenti fastidiosi, numeri musicali
opachi, recitazioni che puntano sulla facile reazione del
pubblico, con macchiette fastidiose. La sensazione che resta
è di uno spettacolo tirato via, senza picchi memorabili,
pigro, costretto in una mediocrità che punta più
sull'effetto revival che la serie televisiva ha lasciato nella
memoria di ognuno, piuttosto che in una rievocazione gioiosa
e creativa di quel periodo, di quei colori, di quelle atmosfere,
di quelle musiche e canzoni. I giorni felici sono proprio
finiti, proprio come il coraggioso tentativo della Stage Entertaimnet
di portare una goccia di Broadway nel cuore di Roma, allo
storico Teatro Brancaccio. Peccato!
[fabio melandri]