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Autore |
Eduardo
De Filippo |
Regia |
Luca
De Filippo |
Scene |
Raimonda
Gaetani |
Costumi |
Raimonda
Gaetani |
Luci |
Stefano
Stacchini |
Interpreti |
Luca
De Filippo, Massimo De Matteo, Carolina Rosi, Nicola
Di Pinto |
Produzione |
Teatro
Stabile Dell'Umbria, Elledieffe |
Compagnia |
Compagnia
Teatrale Luca De Filippo |
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C'è
una singolare casualità tra la collocazione de "La
Grande Magia" di Eduardo De Filippo nel
cartellone 2012/2013 del Teatro Quirino e l'avvicendarsi delle
elezioni politiche italiane. Una
coincidenza che, involontariamente, richiama una diffusa voglia
di illusione da parte della società. Il testo, messo
in scena solo altre due volte (il debutto intorno al 1950, poi
le rappresentazioni milanesi del 1985 curate da Giorgio Strehler
e dal Piccolo Teatro di Milano), non si limita a ricalcare i
tratti tipici della tragicommedia partenopea, ma si spinge in
un esperimento di riflessione meta-teatrale, cercando di definire
un'idea condivisa (allora come oggi) di spettacolo.
Mentre nei classici come
“Napoli milionaria!”,
“Filumena Marturano”
e “Le voci di dentro”
la riflessione verte sui limiti e le ipocrisie della società,
capace di definire anche le identità del singolo, ne
“La Grande Magia”
è il teatro stesso ad essere messo sotto la lente di
ingrandimento, visto come illusoria via di fuga di una società
inerme, incapace di dar vita ad un vero cambiamento esistenziale.
Protagonista è
il Professor Otto Marvuglia (Luca De Filippo), illusionista
e abile incantatore: durante uno spettacolo allestito per
far fronte agli ingenti debiti contratti, fa sparire la moglie
di Calogero Di Spelta (Massimo De Matteo). In verità
l'illusione ha il doppio fine di permettere alla donna di
fuggire con l'amante e di garantire al professore un guadagno
extra nel caso riesca a coprire l'adulterio. Per giustificare
la prolungata assenza della donna, l'illusionista sfida il
marito ad aprire una scatola in cui sarebbe nascosta, imponendo
come unico prerequisito la totale fiducia nella fedeltà
dell'amata. Dopo quattro anni di tormenti, l'uomo decide di
aprire la scatola e mettere fine al gioco illusorio. Ma il
puntuale ritorno della fedifraga, rea confessa, viene scambiato
per un'ennesima illusione: il marito si rifiuta di riconoscerla,
preferendo restare ancorato all’idea di moglie fedele,
custodita nell'inseparabile scatola.
Un invito a guardare la
vita come un gioco sorretto dalle illusioni, una concatenazione
di destini apparentemente ininfluenti l'un l'altro. Sullo
sfondo di un'Italia che preferisce abbandonarsi al rincuorante
inganno del “va tutto bene”. L’unico peccato
è che per giungere a questa considerazione bisogna
affrontare quasi tre ore di spettacolo, davvero troppe anche
per chi desidera lasciarsi illudere dalla grande (e lenta)
magia di De Filippo.
[gianluigi cacciotti]
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