“La
speranza è dura a morire per un cuore innamorato”,
una frase di Théofile Gautier, scrittore romantico
e critico d’arte, autore del libretto per “Giselle”,
dà subito contezza della tematica al centro
dell'omonimo balletto classico, in scena al teatro
Quirino Vittorio Gassman di Roma. Nell’universo
romantico amore e morte sono strettamente legati.
Come altre famose storie, come quella di “Tristano
e Isotta”, anche in “Giselle” si
parla di un sentimento travolgente e impossibile.
Giselle, bella e solare contadina, attira l’attenzione
di un principe che, fingendosi un villano, la corteggia
e seduce. La ragazza cade nella rete tesa dal principe
Albrecht. L'amato è però già
promesso ad un’altra: quando la povera Giselle
scopre l’inganno, impazzisce dal dolore e muore.
La seconda parte della storia è onirica e tipica
dei romanzi dell’epoca: divenuta villi, spirito
di una donna morta non ancora sposata, Giselle appare
ad Albrecht per placare la sua disperazione. Dimostra
così che il suo amore ha il potere di superare
persino la morte.
L’allestimento
del Royal Czech ballet è tradizionale, con
scenografie di tela disegnate a rappresentare il castello
e la locanda di Giselle. Forse tolgono un po’
di magia e spazio per le pirouette e per i grand battement.
Sarebbe stato preferibile uno spazio nudo con pochi
elementi simbolici, animato esclusivamente dalla bravura
dei ballerini. Apprezzabili tutti i professionisti
del corpo di ballo e gli etoilès che si sono
confrontati in modo eccellente con pezzi di repertorio
famosi e proprio per questo più difficili ed
esposti all’occhio critico degli esperti e degli
appassionati. Perfette le luci e le coreografie, rivisitate
da Alexandru Frunza.
[annalisa picconi]