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Autore:
Massimiliano Coccia |
Traduzione:
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Regia:
Massimiliano Coccia |
Scene:
Francesco Petrone, Grazia Amendola |
Costumi: |
Luci:
Aulo Cerasomma |
Musica:
Roberto Fiore |
Produzione:
Pensieri in Arte |
Compagnia:
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Interpreti:
Alessandra Sani, Ivan Bellavista, Gerry Gherardi, Sara
Platania, Simone Crisari |
Anno
di produzione:
2011 |
Genere:
commedia |
In
scena:
in turnè
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Roma.
Un teatro abbandonato sarà presto abbattuto,
per fare posto ad un supermercato. L'ultima rappresentazione
spetta ad una giovane compagnia che sceglie di proporre
"Gastone", opera petroliniana del 1924.
Così, da "artista cinematografico, danseur,
diseur, conquistatore di donne a getto continuo",
Gastone diventa nelle intenzioni di Massimiliano Coccia,
autore dello spettacolo, maschera e metafora di un
teatro che non esiste più, sostituito dalla
fiction. Si trasforma quindi in figura malinconica
se non persino patetica.
Il personaggio di Gastone, nell'invenzione di Petrolini
simboleggia la macchietta del giovane affettato, svenevole
e un po' stupido. In seguito diviene protagonista
della commedia musicale dello stesso Petrolini, andata
in scena per la prima volta nel 1924; una satira ironica
ed amara della società dello spettacolo degli
Anni Venti, condita da personaggi meschini, avidi,
invidiosi e gretti. Gastone, istrionico e carismatico
attore di varietà d'infima categoria, dall'affabulante
parlantina romanesca, squattrinato, dedito a mille
vizi, corteggiatore di soubrette e ballerine, scopre
in un'ingenua e bella ragazza del popolo, Lucia, un
notevole talento musicale. Decide di farne la protagonista
di uno spettacolo. Il successo spingerà Lucia
a lasciare sia compagnia che Gastone, per un lancio
nel luccicoso mondo dello spettacolo.
Nella messa in scena di "Gastone.
Storia di teatro, d'amore e di altre facezie",
si tenta di recuperare il patrimonio e la tradizione
petroliniana, attraverso un'operazione di archeologia
teatrale che però fallisce su tutta la linea.
Il testo vorrebbe criticare certe usanze e abitudini
moderne, ma risente pesantemente di questo modernismo;
i riferimenti linguistici e tematici alla quotidianità
a fatica riescono a strappare un sorriso. La stessa
recitazione sovraeccitata dei cinque protagonisti,
riveste di un macchiettismo eccessivo le già
previste pose e movenze presenti nel testo originale.
Si crea allora un eco ridondante, che emerge in maniera
troppo accentuata nel vuoto narrativo della commedia.
Testo, costumi e scenografie costruiscono uno spettacolo
dove, su un pressapochismo di fondo, si innestano
recitazioni dilettantesche, che lasciano l'amaro in
bocca. Noiosetto.
[fabio melandri]
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