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Anno
2012
Genere
drammatico
In
scena
-
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Autore |
Daniela
Nicosia |
Adattamento/Traduzione |
- |
Regia |
Daniela
Nicosia |
Scene |
Daniela
Nicosia |
Coreografie |
- |
Costumi |
Atelier
Raptus&Rose |
Luci |
Paolo
Pellicciari |
Musica |
Paolo Da Col |
Interpreti |
Solimano
Pontarollo,
Piera Ardessi |
Produzione |
Tib
Teatro |
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“Eppur
si muove” diceva Galileo, filosofo, astronomo, matematico
toscano riferendosi al pianeta terra che girava intorno al sole.
Quante battaglie, dubbi, passioni, abiure, compromessi in nome
di quelle due semplici parole pronunciate per la scienza.
Lo spettacolo scritto e diretto da Daniela Nicosia sceglie di
raccontare il privato del filosofo matematico, indagarne le
debolezze, gli affetti, i sentimenti. E’ pedagogico comprendere
la normalità e l'umanità, di vite che hanno segnato
la storia, per evitare eccessi da celebrazioni retoriche o demonizzazioni.
Galileo (Solimano Pontarollo) era figlio di un musicista (la
musica si esprime in modo matematico), con una madre (Piera
Ardessi) che sognava per lui un futuro da medico, una compagna
che amava e da cui ebbe tre figli, ma che non sposò per
seguire un amore più esclusivo e divorante: la scienza.
Il testo ricostruisce e sintetizza i momenti salienti della
vita di Galileo, accentua i momenti che ne determinano le scelte,
l’opposizione ai desideri della madre, l’eredità
culturale del padre e l’ambiente in cui è cresciuto.
Il protagonista è ben definito: appassionato dell’osservazione
della natura, poco a suo agio nel comprendere gli essere umani;
uomo nel non carpire il mistero del sentimento amoroso della
madre dei suoi figli, Marina; ingenuo nel non afferrare la distinzione
tra la stima di un amico e i doveri di un potente; incoerente
nel vivere la passione per la scienza in modo puro, cercando
anche il riconoscimento pubblico, “baciando le pantofole
dei papi”; egoista nel non prendersi cura del disagio
della figlia prediletta Virginia.
Solimano Pontarollo ha una voce profonda, calda, ben impostata,
movimenti fluidi in uno spazio abbastanza ristretto (non era
facile). Le figure femminili della madre, la compagna, la figlia,
la governante veneziana sono tutte interpretate da Piera Ardessi
con precisione e misura, ma a tratti con una consapevolezza
schematica del corpo e dello spazio (l’attore è
un “punto in movimento” direbbe Peter Brook).
Discutibile la scelta drammaturgica e registica della Nicosia
degli attori- narratori: entrare e uscire repentinamente dai
personaggi toglie loro forza e credibilità, il loro sguardo
troppo lontano distrae, i dialoghi sono vissuti sul palcoscenico
come monologhi, come se fossero altrove; lo spazio piccolo delimitato
dalla tenda bianca è un ostacolo alla rappresentazione
(manca consapevolezza dello spazio scenico).
Lo spettacolo è intenso, profondo, inquieto: come la
scienza che esercita il dubbio, come il protagonista che se
ne fa interprete.
[deborah ferrucci]
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