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Autore |
Anton
Checov |
Regia |
Filippo
Gili
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Scene |
Roberto
Rabaglino, Noemi De Santis
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Costumi |
Daria Calvelli
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Luci |
Daria Calvelli
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Coreografie |
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Musica |
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Mettere
in scena Anton Cechov non è una scelta facile;
se poi l’intento è di attualizzarlo, inserendolo
addirittura in uno spazio scenico interattivo (nello
specifico, quello della Sala Moretti del Teatro dell’Orologio,
dove la superficie rappresentativa è collocata
tra due platee che si guardano), l’impresa risulta
tanto originale, quanto fatalmente rischiosa.
“Il
gabbiano” diretto e interpretato
da Gili, in scena nello spazio di via dè Filippini,
sembra il tentativo di mettere in comunicazione le
vicende umane dell’opera cechoviana con i tempi
moderni, in una sorta di rispecchiamento, dove ci
si trova inevitabilmente coinvolti. E ciò anche
attraverso il rimodellamento del testo e uno svecchiamento
della forma, visibile non solo nei costumi, ma anche
nelle attitudini fisiche dei personaggi. «Un’opera
che denuda complessi d’abbandono levando la
maschera alla gloria, alle false prospettive, agli
ardori giovanili», in cui Gili vorrebbe mettere
in luce che «quello che il moderno indulge,
fin troppo spesso, a teorizzare come quello che si
definisce ‘fallimento’, altro non è
che il residuato alla rovescia di un sogno».
Il pericolo in operazioni come questa è che
l’allestimento finisca per penalizzare la storia
(per chi non la conosce è difficile da seguire),
pur avendo il pregio di evidenziare nel suo minimalismo
come il teatro possa essere tale anche se “povero”:
poche panche spostate all’occorrenza, un tavolo,
una tenda e delle finestre-specchio a ricreare l’ambiente,
uniti a degli abiti di scena essenziali ma con stile.
A patto che non si arrivi
impreparati, dello spettacolo si apprezzano l’efficace
esasperazione del carattere dei personaggi - rappresentati
nei propri eccessi e scontentezze fino al limite della
paranoia - e la vivacità viscerale con cui
se ne rendono le relazioni. Ma la messa in scena,
per quanto se ne possano giustificare i limiti imposti,
essendo Cechov, ha dei tempi troppo lunghi per uno
teatro off e talvolta dà l’impressione
di non tener conto della presenza e delle esigenze
di comprensione del pubblico. Degni di nota Vanessa
Scalera (una brillante Arkadina), Vincenzo De Michele
(spassosissimo Sorin su una sedia a rotelle), Arcangelo
Iannace (l’ironico dottor Dorn) nonché
lo stesso regista, che impersona lo scorbutico amministratore
della tenuta, Shamrayef. [benedetta
corà]
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Interpreti |
Apollonia
Bellino, Massimiliano Benvenuto, Vincenzo De
Michele, Filippo Gili, Arcangelo Iannace,
Aglaia Mora, Maria Claudia Moretti, Omar Sandrini,
Vanessa Scalera, Beniamino Zannoni
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Produzione |
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In
scena |
fino
al 15 dicembre al Teatro dell’Orologio
| Roma
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Anno |
2013 |
Genere |
drammatico |
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