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Autore:
Anton Cechov |
Traduzione:
Fausto Malcovati |
Regia:
Marco Bernardi |
Scene:
Gisbert Jaekel |
Costumi:
Roberto
Banci |
Musica:
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Luci:
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Produzione:
Teatro
Stabile di Bolzano |
Interpreti:
Patrizia
Milani, Carlo Simoni, Maurizio Donadoni, Massimo Nicolini,
Gaia Insenga, Libero Sansavini, Iolanda Piazza, Riccardo
Zini, Fabrizio Martorelli |
Anno
di produzione:
2008 |
Genere:
tragedia |
In
scena:
fino al 14 Dicembre al Teatro
Eliseo, via Via Nazionale 183, Roma |Tel. 064882114 |
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“Tonnellate d’amore”: così
lo stesso Anton Cechov definì il contenuto
del suo capolavoro in scena al Teatro Eliseo di Roma
fino al 14 dicembre con la regia di Marco Bernardi.
La messinscena de Il Gabbiano,
però, è anche morte: ogni essere vivente
si spegne lentamente e, battuta dopo battuta, si oscura
fino a morire.
Lo sprazzo di vitalità che illumina il viso
della radiosa Nina (la giovane Gaia Insegna, perfetta
nella parte), è subito spazzato via dallo scontro
con la realtà. I due grandi antagonisti, amore
e morte, si contrappongono nel testo dello scrittore
russo e nel contempo sono in ogni piega dello spettacolo,
messo in scena dalla Compagnia del Teatro Stabile
di Bolzano.
Scenografia
e costumi sfumano dalla vivida luce iniziale al buio
delle battute conclusive, proprio per sottolineare
l’inevitabile fine di tutto: la gloria, il successo,
la gioventù sono fuochi di paglia attorno ai
quali girano le vite dei protagonisti. Alle volte
ne sono illuminate, ma più spesso ne restano
travolte o peggio ancora succubi.
Il contrasto tra il desiderio di emergere - proprio
dei giovani - e quello di non affondare - che caratterizza
i più anziani - è sempre in primo piano.
La felicità è una chimera irraggiungibile.
Irina (Patrizia Milani) e Trigorin (Maurizio Donadoni),
schiavi della loro arte e del loro successo, sopravvivono
nel sostegno reciproco, appoggiandosi ad un amore
che ormai è solo abitudine, unico e ultimo
rimedio alla solitudine.
Masha (Iolanda Piazza) e il maestro (Fabrizio Martorelli)
conducono una vita falsa, infelice, sposati senza
amore. Il dottor Dorn (Riccardo Zini), è forse
il personaggio più riuscito della piece: osserva
quel che accade, il solo a essere affascinato dal
testo teatrale di Treplev (Massimo Nicolini), figlio
di Irina, perché incarna il fato cui tutti
sono destinati.
Il
conflitto generazionale – gli incontri/scontri
tra madre e figlio alle volte risultano poco convincenti
e ispirati – perde i suoi toni forti nel lavoro
di Bernardi che tende a smussare tutte le asperità,
offrendo uno spettacolo che segue il filo del racconto,
ma che non lo racconta appieno. Resta sospeso in quella
terra di mezzo che, nonostante la bravura degli attori
e alcune buone idee registiche, non coinvolge lo spettatore
fino a farlo entrare a contatto con l’anima
di Cechov per scoprirne le intime verità.
[patrizia vitrugno]
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