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Anno
2012
Genere
drammatico
In
scena
fino al 12 maggio
Teatro Quirino | Roma
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Autore |
Luigi
Pirandello |
Adattamento/Traduzione |
Tato
Russo |
Regia |
Tato
Russo |
Scene |
Tony
Di Ronza |
Costumi |
Giusi
Giustino |
Luci |
Roger
La Fontaine |
Musica |
Alessio Vlad |
Interpreti |
Tato
Russo, Katia Terlizzi, Francesco Acquaroli, Marina Lorenzi,
Renato De Rienzo, Massimo Sorrentino, Francesco Ruotolo,
Antonio Rampino |
Produzione |
Cooperativa
T.T.R. |
Compagnia |
Tato
Russo |
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Il
solito Pirandello, alla solita prima nel solito Quirino, con
i soliti spettatori e i soliti critici pronti a andarsene al
primo atto, per poi scriverne secondo coscienza (e conoscenza).
Il teatro in Italia non è morto, come spesso si dice.
È solo un eterno déjà vu. Quante volte
abbiamo visto (chi ancora non si brucia il cervello con gli
smart phone) o abbiamo letto o soltanto ne abbiamo sentito parlare,
magari per pura antonomasia, del “Fu
Mattia Pascal?”. Ci sono certe opere,
come diceva Umberto Eco con una certa dose d’ironia, che
si apprendono per osmosi. E allora la rappresentazione, se proprio
deve essere realizzata, andrebbe elaborata in maniera tale da
sorprendere, stravolgere, in modo che la si possa amare odiare,
confutare, distruggere o esaltare.
Quanto può essere
forte, intensa e sconvolgente una storia dove si odia a tal
punto la famiglia, la moglie, la suocera e persino i figli,
da arrivare a fingersi morti e cambiare identità?
Quanto può essere
controversa una storia dove le donne sono sante o puttane
e il sesso è solo merce di scambio, usata addirittura
per ingravidare la donna amata, per poi consegnarla al rivale
brutto e impotente, in cambio della rispettabilità
sociale?
Quanto può essere
ironica e sarcastica una storia dove si scopre che la fuga
forsennata del protagonista da una realtà insostenibile
da lui stesso costruita, alla fine si rivela nient’altro
che il movimento inutile e un po’ ridicolo che può
fare un uccellino dentro una gabbia?
E invece: scenografie
polverose, regia pulita e senza squilli, ambientazione d’epoca,
luci opache a sottolineare la sottile malinconia che il testo
sottende. Intendiamoci un “Fu
Mattia Pascal” comme il faut con l’interprete
Tato Russo praticamente perfetto nel ruolo: niente eccessi,
niente enfasi, niente microfono. Un’interpretazione
convincente, piena dei chiaro scuri e dei mezzi toni necessari
per estrinsecare gli intrecci psicologici pirandelliani dove
la sicurezza si mescola alla fragilità, l’ironia
al senso di morte, l’intelligenza al vuoto pneumatico.
Per questo il rammarico è ancora più grande,
per quella mancanza di carattere, quell’assenza di prospettiva,
quel facile adeguarsi che relega Pirandello al ruolo di soprammobile
della cultura italiana e non a quello di innovatore capace
di intuire la trasformazione del tempo e del costume, senza
esserne sopraffatto.
Una bella messa in scena
quindi, ma sciatta intellettualmente. Cosi come sciatto è
il comunicato stampa dove letteralmente si legge: «Mattia
Pascal è Tato Russo nel doppio ruolo di Mattia Pascal
e Adriano Meis». Quasi che il compilatore non si fosse
accorto che Adriano Meis e Mattia Pascal sono la stessa persona…
[paolo
zagari]
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