“Francamente
me ne infischio” è uno
spettacolo complesso. Una maratona teatrale composta
da 5 movimenti che raccontano la storia di Rossella
O’Hara, protagonista di “Via col vento”,
romanzo di Margaret Mitchell, noto al grande pubblico
grazie alla versione cinematografica di Victor Fleming.
“Twins”, “Atlanta”,
“Black”, “Match” e “Tara”
sono i capitoli di un progetto drammaturgico di altissimo
livello, ideato e messo in scena da Antonio Latella
con Federico Bellini e Linda Dalisi. Una riscrittura
completa della famosa storia hollywoodiana. A cominciare
dalla protagonista Rossella, che si fa in tre assumendo
voci e colori di Caterina Carpio, Candida Nieri e
Valentina Vacca, premiate come fossero un corpo unico
con il prestigioso premio Ubu per la migliore attrice.
Atmosfere pop si alternano
a toni rock, collegando tra di loro epoche diverse
e raccontando la storia dell’America del Novecento
e del mito che l’accompagna ma anche delle sue
folli e infinite contraddizioni. C’è
anche l’industria che avanza, la corsa al petrolio,
le guerre, la conquista dello spazio, il razzismo.
Il tutto con il tocco ormai consolidato, la firma
apprezzata e riconosciuta del regista Latella premiato
agli Ubu per la miglior regia (premio ritirato per
il secondo anno consecutivo dopo l’allestimento
del 2012 di “Un tram che si chiama desiderio”
di Tennessee Williams). Molteplici le letture di questo
lavoro che spinge a riflettere anche sull’eroina
stessa, Rossella, donna tenace e forte ma anche spudoratamente
razzista. Una donna riletta anche dagli uomini che
lei ha amato: Ashley, Rhett e Carlo (quest’ultimo
è il primo marito, sposato più per ripicca
che per amore). Interpretati dalle tre attrici nel
movimento “Match”, se all’inizio
sostengono di averla amata, alla fine si rendono conto
della loro totale inadeguatezza nei confronti della
donna.
Rossella ricompare
infine nell’ultimo movimento, “Tara”:
nell’enorme casa ora la protagonista si è
triplicata. Ogni Rossella indossa un vestito con una
diversa sfumatura di verde (colore della speranza
ma anche dei dollari, nonché prediletto dalla
protagonista). Nel silenzio della scena, movimenti
al rallenty sono accompagnati da suoni di voci metalliche
che da distorti pian piano diventano decifrabili e
chiudono la maratona, riportandoci a casa. Ricordando
ossessivamente: «La casa che è l’origine
di tutte le case. La casa che è l’origine
di tutte le cose».
[patrizia
vitrugno]