|
Autore:
Antonio
Rezza, Flavia Mastrella |
Regia:
Antonio Rezza, Flavia Mastrella |
Scene:
Flavia Mastrella |
Costumi:
|
Luci:
|
Musica:
|
Produzione:
Antonio
Rezza, Flavia Rastrella, Teatro91 |
Interpreti:
Antonio
Rezza, Armando Novara |
Anno
di produzione:
2003 |
Genere:
grottesco |
In
scena:
fino al 31 dicembre, Teatro Vascello
di Roma, via Giacinto Carini 78. Dal martedì
al sabato alle ore 21; domenica ore 17. Telefono 06.5881021 |
|
|
Prima
affollata: non è un caso che Antonio Rezza
genio originale del teatro, conosciuto da anni dal
piccolo e grande pubblico grazie ai testi sarcastici
e popolari, chiami tanti spettatori all’appello
per Fotofinish. La scenografia
di Flavia Mastrella, storica collaboratrice che firma
anche l’allestimento scenico dello spettacolo,
si presenta essenziale: il colore dominante è
il bianco, attenuato da qualche pennellata di blu,
verde ed arancio, che rifiniscono alcuni elementi.
Due grandi sfere di stoffa bianca spiccano dal fondo,
il resto è completato da pannelli dello stesso
colore, che tingono la scena di un sapore vagamente
orientale.
Il tema fondamentale è la solitudine: un uomo
solo che scatta foto per uccidere la noia del vivere,
ma attraverso questo pretesto drammaturgico il protagonista
affronta con ironia pungente e impietosa i temi più
attuali della odierna società italiana. Si
parla così dell’ospedale, dei comizi
politici, dell’omosessualità, delle torri
gemelle, dei manager, dell’effimero calendario
della velina, degli abusi che il potere politico e
religioso possono esercitare su chi non può
reagire e infine dei mutui che dissanguano i poveri
cittadini. Ma una frase rimane impressa: “Tante
cose finiscono, ma la cattiveria non ha fine”.
Messaggio amaro e sarcastico che l’autore/attore
enuncia senza lasciar spazio alla speranza di un riscatto,
né all’illusione di una rivincita nei
confronti del male. Parte del pubblico, soprattutto
ragazze, viene coinvolto a tal punto che il quadro
finale, quasi per esorcizzare la fine stessa, appare
pieno di spettatori e spettatrici morti, sparsi sul
palcoscenico, dopo una finta fucilazione appena fuori
scena, in quinta.
Tutto è volto a risvegliare le coscienze, per
“scuotere la falsa realtà che si stende
come un lenzuolo sulle nostre percezioni”, riportandoci
al pensiero coniato per il teatro della crudeltà
da Antoine Artaud. Ed è sempre attraverso lenzuoli,
grandi, piccoli e di diverse forme che appare il volto
di Rezza, capace di mille trasformazioni, finestre
che presentano personaggi/maschere testimoni di un
mondo sempre meno umano. Gli spettatori al calare
delle luci si risvegliano dal loro letargo e prendono
gli applausi insieme al protagonista della pièce
e al giovane collega, (Armando Novara). Assistente
alla creazione Massimo Camilli, le luci sono di Maria
Pastore, uno spettacolo di Rezza-Mastrella in coproduzione
con Teatro91.
[annalisa picconi]
|
|
|
|
|
|
|
|