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Anno
2011
Genere
drammatico
In
scena
in tour
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Autore |
Wolfgang
Amadeus Mozart |
Adattamento/Traduzione |
Peter
Brook,
Franck Krawczyk,
Marie-Hélène Estienne |
Regia |
Peter
Brook |
Costumi |
Hélène
Patarto |
Luci |
Philippe
Vialatte |
Musica |
Wolfgang
Amadeus Mozart |
Interpreti |
Antonio
Figueroa, Adrian Strooper, Agnieszka
Slawinska Dima Bawab, Aylin Sezer, Leila Benhamza, Malia
Bendi-Merad, Betsabée Haas, Dima Bawab, Anne-Emmanuelle
Davy, Virgile Frannais, Thomas Dolié, Jan Kucera,
Vincent Pavesi, Jean-Christophe Born, Romain Pascal |
Produzione |
Piccolo
Teatro di Milano - Teatro d'Europa; C.I.C.T. / Théâtre
des Bouffes du Nord, Paris; Festival d'Automne à
Paris; Attiki Cultural Society, Atene; Musikfest, Brema,
Théâtre de Caen, Caen; MC2, Grenoble; barbican,
Londra; Grand Théâtre, Lussemburgo; Lincoln
Center Festival, New York |
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Peter
Brook torna a teatro, proponendo la personalissima versione
del “Flauto Magico”
di Amadeus Mozart.
Una rivisitazione, quasi riedizione della vicenda che racconta
con leggiadria e spensieratezza le vicende di Papagheno, Papaghena,
Tamino, Sarastro e i protagonisti dell’opera lirica.
Il regista inglese l’aveva preannunciato: il suo sarebbe
stato un ‘Flauto’ diverso, scritto "Liberamente!"
e che gli ha fatto vincere il Premio Molière 2011 per
il teatro musicale. E così è stato.
Il teatro Argentina è pieno, gremito. All’occhio
dello spettatore si mostra una scenografia fredda e spoglia:
fondale scurissimo e canne di bambù sul palco, a fare
da "architettura" scenica. La musica dell’opera
mozartiana è eseguita “solo” da un pianoforte
a coda, posizionato sulla destra (il maestro verrà distratto
durante l’esecuzione da un ignorante che dimentica il
telefonino acceso). L’essenzialità è la
caratteristica del regista e anche quando si tratta di un’opera
lirica non si contraddice. I costumi lo confermano: inesistenti,
semplicissimi. I cantanti-attori recitano e cantano a piedi
scalzi, indossano abiti essenziali. Una salopette per Papageno,
giacca e pantaloni neri per Tamino, marsina nera per Sarastro.
I testi sono eseguiti, come “da libretto” in tedesco
e francese; la traduzione è proposta su sovra titoli.
Le luci scandiscono i cambiamenti d’umore degli interpreti,
assumono una valenza più "psicologica". Mutando
intensità e colore, cadenzano gli avvenimenti. Quando
nel finale l'emblematico deus ex machina fa sparire magicamente
il flauto e gli attori si limitano a uscire silenziosamente
di scena, si percepisce la completezza della messa in scena,
lo spessore emotivo che in Brook si interiorizza più
che esprimersi sfacciatamente. Un’ora e mezza di spettacolo
che corre via, al punto che se ne vorrebbe ancora. E ancora.
A dimostrarlo ci sono anche gli applausi scroscianti e le sette
uscite degli artisti.
“Vediamo Mozart
che ci guarda con un sorriso beffardo, pronto a prendersi
gioco di noi e a coglierci impreparati. Lo abbiamo accolto
a braccia aperte, con quell’impudenza che nasconde un
profondo amore e rispetto per le cose essenziali che ci ha
rivelato”. Peter Brook
[l.r.]
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