Se
pensate che le fiabe siano racconti innocui, dalla
morale spicciola ma educativa, dove tutto è
chiaro e semplice, dove i ricchi sono veramente ricchi,
i poveri sono schifosamente poveri, i belli sono incredibilmente
belli, i brutti sono orribilmente brutti, i buoni
sono candidamente buoni ed i cattivi sono mostruosamente
cattivi… Aspettate: siamo sicuri che sia proprio
così?
Prendiamo
“Cappuccetto rosso”. Perché la
mamma manda una bambina da sola nel bosco? Perché
non l’accompagna? Che fine ha fatto il padre?
Ed il lupo…. È veramente il cattivo della
fiaba? Perché Cappuccetto Rosso si sveste e
si mette nel letto della nonna/ovvero il lupo, senza
batter ciglio?
Oppure “Hansel e Gretel”. La strega isolata
dal mondo nella casa di marzapane ed i vetri di zucchero
ha una coscienza di se indubbia. È asociale
e quindi si è isolata dal mondo. I due marmocchi,
abbandonati nella foresta dal Padre perché
indigente, iniziano a mangiarle la casa… Voi
al suo posto che avreste fatto?
Ed dei “Sette nani” ne vogliamo parlare?
Lavorano ed accumulano, lavorano ed accumulano, lavorano
ed accumulano, mentre l’ingenua Biancaneve lava
e pulisce, lava e pulisce, lava e pulisce, lava ed
apre la porta per ben tre volte ad una vecchietta
orripilante accettando una mela rossa e succulenta.
Ma se da sempre la mela è simbolo di peccato…
Questo è tanto altro ci racconta Anna Meacci
nel suo esilarante Fiabole.
Un viaggio destabilizzante attraverso, dentro e persino
intorno al mondo delle fiabe, quelle con cui siamo
cresciuti noi e le nuove generazioni. Certo magari
Collodi, i Fratelli Grimm, Monsieur La Fontaine sono
meglio dei vari Sergio, Cristina, Gabriele, Luca e
Marco di un Grande Fratello qualsiasi. “Rileggendo”
attentamente le suddette storie, qualche domanda in
più sorge, per esempio: il “Gatto con
gli stivali”, è intelligente lui o son
bischeri gli altri?
Con l’irriverenza di una toscanaccia doc Anna
Meacci incanta, coinvolge, dialoga con il pubblico,
ironizzando su tutto e tutti senza mai cadere nel
facile populismo. Gli applausi e le risate esondano
in maniera naturale, in uno spettacolo il cui difetto
è uno solo: troppo breve. Da vedere e rivedere,
in scena fino al 20 dicembre al Teatro De Satiri a
Roma.
[fabio melandri]