Finalista
al concorso letterario “Per Voce sola 2010”, “Famosa”
di Alessandra Mortelliti tenta la carta del monologo. Una
scommessa vinta sul piano del linguaggio teatrale: c’è
ritmo, i tempi sono giusti e l’interprete Mortelliti
è tecnicamente preparata. Sul piano del contenuto,
però, il messaggio non arriva.
La storia di un ragazzo transessuale, Rocco Fiorella, che
sogna il riscatto sociale attraverso una carriera nel mondo
dello spettacolo, non convince. Mancano le emozioni forti,
frutto di un disagio vissuto. È difficile ridere degli
strafalcioni linguistici di un transessuale di paese che,
dopo aver “ballato da solo” davanti alla televisione,
partecipa al programma televisivo di grido senza averne le
competenze artistiche. Il mondo della televisione è
apparentemente democratico, invita tutti a presentarsi all’audizione,
persino Rocco, salvo poi trasmettere le immagini di quel provino
tra i “Geni incompresi”, facendone un fenomeno
da baraccone. Non si può ridere dei sogni di persone
che di speranze ne hanno poche, vuoi per estrazione sociale,
per mancanza di consapevolezza, o perché di un genere
socialmente inaccettabile, il transessuale. Basta pensare
al film “Bellissima” con Anna Magnani: si può
ridere di un’ingenuità derisa?
La Mortelliti
è brava, ma non convince nel ruolo del transessuale,
soprattutto non coinvolge il pubblico a condividerne la sofferenza,
che non può non esserci. Il monologo non è comico,
non è drammatico, è riflessivo, di testa, nato
per parlare di discriminazione di genere e che incidentalmente
parla di discriminazione di opportunità di vita, la
vera piaga della società italiana di oggi.
[deborah ferrucci]