Fresco,
accattivante e al contempo stereotipato (nel senso
divertito del termine). “Exit”,
scritto e diretto da Fausto Paravidino, rappresenta
i luoghi comuni della coppia in maniera disincantata
e ironica, senza voler essere altro da quello che
è, nell’alternanza sincopata tra un frizzante
cinismo e la melodrammatica evidenza di situazioni
sentimentali in cui tutti (volenti o nolenti) finiamo
per riconoscerci. I protagonisti della pièce
(Sara Bertelà e Nicola Pannelli) non hanno
nome e si presentano al pubblico con un inchino, esplicita
dichiarazione d’intenti che ciò che vanno
ad inscenare ha il carattere di recita e loro ne sono
gli strumenti.
È
qui la forza della scrittura di Paravidino, che destreggiandosi
in tematiche che potrebbero scadere in un “già
visto” per nulla avvincente, offre invece ai
suoi attori terreno fertile per cimentarsi in dialoghi
brillanti e ricercati, dove nulla è lasciato
al caso. Lo stesso allestimento minimale e colorato,
personalizzato da insegne luminose che delimitano
l’area in cui si sviluppa la vicenda tra affari
interni (quelli privati dei coniugi) e affari esteri
(quando a scombussolare e ravvivare la coppia subentrano
altri due personaggi), contribuisce a sdrammatizzare
e rendere più lieve il gioco delle parti, con
l’ausilio di divertenti cambi-scena coordinati
da due presenze estemporanee non coinvolte nella vicenda.
Gli attori (in particolare gli uomini) sono sul palco
con grande consapevolezza e in un ascolto reciproco
che rende briosa l’interazione. Costumi casual
ma molto affini all’indole dei personaggi, luci
ben armonizzate nel ricreare l’atmosfera intima
e raccolta.
Una commedia intellettuale che fa sorridire e riflettere
senza essere boriosa, dove la trasposizione della
realtà diviene un’occasione di auto-ironia
esistenziale, che alla fine dei conti rende tutti
più leggeri.
[benedetta corà]
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Recensione spettacolo febbraio 2013 al Teatro Piccolo
Eliseo Patroni Griffi con Sara Bertelà, Nicola
Pannelli, Davide Lorino, Angelica Leo
Politica,
calzini, massimi sistemi, futili motivi. La relazione
uomo-donna entra in crisi e assomiglia sempre più
a quella tra il gatto e il topo. “Exit”
parte da un interno di coppia moderna: lei (Sara Bertelà)
e lui (Nicola Pannelli) cercano di capire come sono
arrivati a discutere sempre, fino ad allontanarsi l’uno
dall’altra. Sarà la gelosia per l’amica
di lei e le interminabili telefonate inopportune? Nella
pausa di riflessione che si prendono, interviene la
giovane studentessa (Angelica Leo) che conosce lui ad
una lezione universitaria, secondo la classica dinamica
uomo maturo - ragazza giovane e libera, con annesse
differenze/imbarazzi generazionali (affari esteri);
lei, invece, come tutte le donne si guarda dentro, si
compra il manuale americano che in dieci mosse l’aiuta
ad uscire dallo stallo e cerca l’amicizia di un
brav’uomo (Davide Lorino) con gusti affini (il
gelato su tutti). Ma non le basta essere considerata
solo un’amica, vuole essere desiderata. E l’amore
sarebbe una cosa semplice, per dirla alla Tiziano Ferro?
Atteggiamento contrito, figli sì figli no, «odio
per il ricordo delle cose brutte che ci sono state»
in una relazione, «strazio per il ricordo delle
cose belle», uomini basiti incalzati da donne
intraprendenti.
Fausto
Paravidino è un attento osservatore dei comportamenti
umani, autore del qui ed ora, conoscitore di tempi e
spazio teatrale europeo, ha il dono della sintesi, sembra
conoscere molto bene la teoria dei giochi, ma non affonda.
Il pubblico vive molto durante la commedia, ma si porta
dietro qualcosa? E’ una fotografia, non un film.
Non dà spunti di riflessione. Il drammaturgo
è un giocatore di squadra, cura i dettagli e
le collaborazioni sono armoniche: le scene di Laura
Benzi sono semplici ma studiate, nei colori (il rosa
e il verde come colori del cuore), nelle insegne luminose
che rimandano agli allestimenti teatrali del Nord Europa;
i costumi di Sandra Cardini sono adattati al temperamento
dei personaggi (marrone intellettuale per il docente
ex sessantottino; rosa anni Cinquanta per la compagna
romantica; kefiac, polacchine e minigonna per la studentessa;
abito con cravatta colore anni Cinquanta per il brav’uomo).
Il cast è perfetto dentro e fuori: il loro aspetto,
i loro movimenti, la loro età sono assolutamente
coerenti con i personaggi che interpretano; non c’è
finzione o aggiustamento posticcio, anche grazie a dialoghi
precisi e taglienti. C’è attenzione al
dettaglio, alla direzione dei dialoghi, all’accordo
dei registri, tensione, ritmo… Tutti gli ingredienti
per un professionista del palcoscenico. La commedia
poi viaggia sul crinale dell’autoironia senza
essere banale, o scadere nell’autocompiacimento
sofferente.
C’è
talento accompagnato da impegno e professionalità.
Manca tuttavia qualcosa che vada oltre il qui ed ora
dello spettacolo, ma arriverà… La stoffa
c’è ed è di buona qualità.
Paravidino conferma la celebrità che si è
conquistato.
[deborah ferrucci]
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