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Anno
2012
Genere
drammatico
In
scena
fino al 2 dicembre 2012 Teatro Belli | Roma
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Autore |
James
Joyce |
Regia |
Gianni
Leonetti |
Scene |
Mauro
Bonella |
Costumi |
G.L. |
Luci |
Gianni
Leonetti |
Interpreti |
Francesco
Laruffa, Valeria Pistillo, Lorenzo Messeri, Sonia Burgarello |
Produzione |
Teatro
Instabile |
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Unica
opera teatrale di James Joyce, “Exiles”
(“Esili”), è stata scritta dall’autore
irlandese nel 1914, in tempi lontani rispetto dalla pubblicazione
del romanzo più famoso, “Ulisse”, datato
1922. Si percepisce un autore ancora acerbo, ma con una profondità
ed intensità fuori dal comune. Il tema potrebbe apparire
convenzionale, ma ben presto il testo avvolge il pubblico in
un vortice in cui le parole non contano più. Emerge così
il vero nodo del dramma: il possesso in amore. Gli sposi Richard
e Bertha hanno il desiderio quasi perverso di tradirsi uno con
Beatrice e l’altra con Robert per «dimenticare per
ricordare la prima volta», per ristabilire il possesso,
il dominio l’uno sull’altra. Tradirsi per ritrovarsi.
Cosa non si farebbe per provare di nuovo quell’emozione
che fa sentire due innamorati unici?
Il testo è mentale,
intellettuale, “architettonico” ed è interpretato
dagli attori con estrema solennità, rischiando a tratti
di rasentare il comico. La scena con le corde rosse è
molto bella, quasi un sostegno per i personaggi che rischiano
di cadere per innamorarsi (“fall in love”, cadere
innamorati in inglese). Joyce indaga con precisione maniacale
i meandri del sentimento amoroso, fino a provarne fastidio,
fino a rendere gli attori a loro volta dominati, posseduti
dal testo e dall’amore. È una vertigine. Gli
ingressi e le uscite degli interpreti sono fluidi, quasi danzati,
con una circolarità che è la stessa del testo:
l’inizio è la fine, la fine è l’inizio,
come la vita. La regia di Gianni Leonetti privilegia il testo,
lo onora, lo rispetta, rendendo la recitazione dei quattro
(Francesco Laruffa, Valeria Pistillo, Lorenzo Messeri, Sonia
Burgarello) omogenea, senza distinzione tra loro. Qui risiede
il pregio e il difetto del dramma, a volte a discapito del
ritmo che diventa monotono.
Bello, intenso, complesso,
più letterario che teatrale.
[deborah
ferrucci]
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